In una stagione di incertezze, mentre la confusione alimenta se stessa e la politica e l’informazione gareggiano in schizofrenia una cosa sembra certa: dal caos si salveranno tutti anche se, apparentemente, tutti sembrano soccombere. In realtà tutti si salveranno, tutti coloro che hanno generato e alimentato lo stato confusionale, quelli che sono a destra o a sinistra, quelli che hanno utilizzato o lasciato utilizzare e crescere le speculazioni finanziarie e la rovina dell’economia reale, quelli che, comunque, hanno usato, sfruttato, abbrutito questo paese, si salveranno perché sono tanti, perché sono troppi, perché è stato lasciato loro il tempo di corrompere o annientare la coscienza delle persone normali.
Perché, come un’epidemia medioevale o il più estremo film di fantascienza, il male si è sparpagliato nel mondo e l’utilizzo senza cultura e freni inibitori dei più veloci strumenti tecnologici ha scatenato l’irrefrenabile convinzione che tutto si possa dire, tutto si possa fare, senza regole, norme, educazione, meditazione, analisi delle conseguenze.
Si salveranno perché sono tanti e tutti, in un modo o nell’altro, padroni o servi, collusi.
Il Dio denaro ha consumato il sistema capitalista, il consumo per il consumo ha distrutto la creatività e impoverito la domanda. L’unica merce, al momento, ancora sulla piazza è il sesso a pagamento.
Ritrovare oggi, dopo anni, in qualche articolo per altro poco letto, alcune grida di allarme che avevo lanciato anni fa: i doppi e tripli incarichi, la prostituzione giovanile, l’utilizzo del corpo umano come merce di scambio per fare affari o per consolidare il proprio potere, la mancanza di regole democratiche condivise e soprattutto applicate, gli errori del mondo politico e imprenditoriale nel valutare l’impatto con la Cina o il precipitoso allargamento dell’Europa a 27, senza avere prima dato vita ad una politica comune e ad un sistema economico idoneo ad affrontare il nuovo millennio, mi fa solo tristezza. Tristezza perché devo prendere atto, una volta di più, della mia incapacità a sconfiggere la miopia con la quale, anche persone che consideravo migliori, hanno affrontato il loro compito tradendo le aspettative.
Inutile stupirsi o stracciarsi le vesti se le borse precipitano e i negozi chiudono, metà del mondo è alla mercé di oscure manovre o di chiarissimi disegni del nuovo impero cinese, se le imprese non assumono o licenziano, se intorno a noi è solo un baluginare di seni rifatti e di vecchi che vogliono sembrare giovani, se almeno due generazioni sono state bruciate senza potersi costruire né presente né futuro. Per cambiare, per provare a ripartire occorrono consapevolezza e progetto e consapevolezza e progetto non sono né nel cervello né nel cuore dei troppi che, in un modo o nell’altro, ci hanno spinto sull’orlo del baratro tra feste e menzogne.
Occorre uscire dall’incubo, abbattere i fantocci, rendere inoffensivi i tiranni di qualunque colore per ricominciare da capo.
Non è un problema generazionale, è un problema di cultura e di assunzione di responsabilità: chi si sente di poterlo fare si faccia vivo finché è ancora pensante, perché gli uomini del fare, a destra come a sinistra, hanno provato anche a toglierci la capacità di pensare e non vi può essere azione positiva se non è preceduta da un pensiero consapevole.