Sharia e lapidazione in Somalia

Lunedì 27 ottobre 2008, Aisho Ibrahim Dhuhulow, una ragazza di 23 anni, è stata lapidata nel vecchio stadio di Chisimaio, la città portuale somala finita il 22 agosto scorso sotto il controllo delle Corti islamiche e dei “giovani mujaheddin”, riconducibili alla rete internazionale di Al Qaeda. I miliziani vi avevano radunato circa 5 mila persone per assistere allo spettacolo. La ragazza, coperta da un velo verde sul capo, con il volto nascosto da un panno nero, immobilizzata con mani e piedi legati, dopo che urlando aveva tentato di liberarsi, è stata massacrata a colpi di pietra da una cinquantina di uomini. Un congiunto, che le era corso  incontro nel tentativo di aiutarla, fu preso di mira dagli integralisti di guardia e nello scontro è stato colpito mortalmente un bambino. E’ il primo episodio del genere di cui si abbia notizia da due anni a questa parte, da quando cioè le truppe del governo transitorio legale somalo sconfissero le Corti islamiche, che ora hanno riconquistato larghe zone di territorio. Questa di lunedì sembra la risposta all’ennesima sterile intesa di pace firmata la domenica precedente a Gibuti, da attori senza alcun peso reale sugli avvenimenti.

  

La Commissione,

  

1.      non ritiene che questo lugubre evento sia un’ulteriore prova che il dialogo, tanto osannato e insistentemente promosso, non dia nessuna risultato e confermi, anzi, la persistente e violenta volontà dei fondamentalisti islamici di imporre la sharia con i metodi più brutali ed a qualunque costo?

 

2.      Quale reazione ha avuto e quale iniziativa diplomatica ha intrapreso nei confronti dei promotori e dei sottoscrittori dell’accordo di Gibuti, infranto il giorno successivo alla firma?

 

3.      E gli attentati di oggi accaduti nelle città di Hargeisa e Bosasso, che hanno distrutto immobili delle Nazioni Unite, come si conciliano con questo accordo?

 

4.       Perché non chiarisce una volta per sempre, e senza ipocrisie, che le relazioni dell’Unione vanno stabilite esclusivamente con il governo somalo legittimo?

 5.       Di conseguenza, perché non condanna fermamente l’ignobile massacro di Aisho e tutte quelle manifestazioni delle Corti che nulla hanno a che vedere con una visione religiosa del mondo?

 

Risposta data da Louis Michel a nome della Commissione

La Commissione condivide il sentimento di orrore espresso dall’onorevole parlamentare nei confronti di tale atto disumano. La Commissione condanna qualsiasi forma di pena di morte in tutto il mondo e questo atto che è stato di una barbarie estrema: è abominevole che una ragazza innocente subisca una tale sofferenza.

 

Qui di seguito, la Commissione desidera rispondere in modo specifico alle domande poste dall’onorevole parlamentare:

1. Occorre proseguire il dialogo con tutti gli attori politici somali. La stragrande maggioranza dei somali musulmani è tradizionalmente moderata. Anche se possono essere favorevoli all’applicazione della sharia, i musulmani somali condannano incondizionatamente casi come questo in cui essa viene applicata in maniera disumana. Secondo le nostre controparti somale, questo atto brutale va attribuito a gruppi terroristici e a comportamenti di gruppo e non all’amministrazione locale ufficiale di Chisimaio.
2. La Commissione, attraverso il suo Inviato speciale in Somalia, ha sollevato la questione della lapidazione con le autorità somale e i leader religiosi, che hanno entrambi condannato l’episodio.
3. Dopo la firma dell’accordo di Gibuti si temeva un’intensificazione delle attività terroristiche da parte di coloro che sono contrari a un negoziato e intendono ostacolarlo. Non è un caso che la lapidazione a Chisimaio e gli attentati terroristici nelle città di Bosaso e Hargeisa siano avvenuti rispettivamente il giorno seguente e tre giorni dopo la firma dell’accordo di cessazione delle ostilità.
4. La Commissione intrattiene rapporti di lavoro con le istituzioni federali di transizione, dato che la comunità internazionale le riconosce come regime transitorio. La Commissione, come l’intera Unione europea e la grande maggioranza della comunità internazionale, ha accolto favorevolmente il processo politico che ha condotto all’allargamento delle istituzioni federali di transizione mediante il dialogo con l’opposizione moderata.