Come è tristemente noto, l’industria del
Bangladesh è la prostituzione. Le cronache giornalistiche sono esplicite:
Fanciulle di undici-dodici anni vittime di stupri quotidiani. Ragazzini che
ogni giorno si accoppiano con più uomini diversi per qualche soldo da portare a
casa. Incessante, inoltre, l’attività dei bordelli legalmente autorizzati della
città,di Faridpur, dove un migliaio di prostitute è al lavoro sette giorni la
settimana, senza tregua. Così come avviene nell’isola di Bani Shanta,
interamente popolata dalle “operaie del sesso”. Uno dei postriboli
più grandi del mondo si trova a Daulatdia, forte di un esercito di 1.600 donne
che ogni giorno accolgono circa 3.000 uomini. Le prostitute nel Paese sono
circa 100.000. Nel 2004 l’Unicef calcolava in 10 mila le prostitute minorenni.
Stime ufficiose arrivano a 30 mila. Il 90 per cento delle giovani prostitute –
secondo dati forniti da ActionAid, una Onlus che si occupa a tempo pieno del
Bangladesh – ricorre alla “cow pill”
(l’Oradexon), un farmaco che viene dato anche alle mucche perché raggiungano il
giusto peso e adeguate dimensioni fisiche. Gli steroidi della piccola, dicono
però gli esperti, comportano anche effetti negativi come il diabete, la
pressione alta, gli sfoghi cutanei e il mal di testa. La cow pill ha pure la
facoltà di invecchiare gradualmente le regazzine di 13-15 anni che dovrebbero
aspettare i 18 per intraprendere – come stabilito dalla legge – la carriera di
famiglia, così tenacemente, onorata dalle loro donne. Le schiave del sesso
vengono regolarmente vendute dalle famiglie e l’industria dei bordelli
incrementa il turismo. Di fronte a questa stupefacente realtà, incredibile a
credersi, se non fosse vera,
la
Commissione
- quali
rapporti intrattiene con il Bangladesh? - Ha
la possibilità di esercitare pressioni per fare in modo che dal punto di
vista sanitario siano garantite maggiori tutele nei confronti delle
minorenni? - Quali
eventuali aiuti può negoziare, al fine di favorire lo sviluppo
dell’istruzione e la realizzazione di programmi scolastici per avviare le
giovani donne verso mestieri diversi dalla prostituzione?
Quali iniziative può suggerire per smantellare il turismo
“sessuale”?
IT
E-010684/2012
Risposta
dell’Alta rappresentante/vicepresidente Catherine Ashton
a nome della
Commissione
(16.1.2013)
L’UE intrattiene relazioni di lunga data con il Bangladesh,
di cui è attualmente il principale donatore in materia di aiuti allo sviluppo
(UE e Stati membri congiuntamente), e solleva regolarmente la questione dei
diritti delle donne e dei minori nell’ambito dei suoi contatti con il governo e
la società civile del Bangladesh.
Benché la prostituzione sia indubbiamente un problema diffuso,
contrastarla è difficile. È necessario farvi fronte adottando misure nei
settori della protezione giuridica, dell’azione penale, della politica sociale
e dell’istruzione. L’UE ha cercato di farlo intervenendo su istruzione, salute
e diritti e mediante una serie di progetti volti a contrastare lo sfruttamento
sessuale e i relativi problemi legati alla tratta di esseri umani e all’abuso
sessuale. Nello stesso spirito, l’UE ha sostenuto l’attuazione della politica
nazionale per i minori (2010), della politica di lotta contro il lavoro
minorile (2010) e della politica nazionale di sviluppo delle donne (2011),
nonché il diritto delle lavoratrici a retribuzioni che garantiscano loro
un’esistenza dignitosa, l’esecuzione di controlli nell’ambito del lavoro minorile
nei settori pericolosi e la realizzazione di campagne di sensibilizzazione
sociale.
L’UE è uno dei principali donatori nel settore
dell’istruzione. L’ammontare totale dei programmi in corso destinati a tale
ambito è approssimativamente di 144 milioni di euro, compresi i circa 14
milioni stanziati a favore dell’alimentazione nelle scuole per i bambini più
vulnerabili. I recenti programmi di sostegno all’istruzione non formale
dell’UE, per un importo di 52 milioni di euro, sono destinati a 650 000 bambini
che altrimenti non riceverebbero alcun tipo di istruzione. L’UE ha inoltre
concentrato la propria assistenza sulla creazione di opportunità di sussistenza
per le donne e le famiglie monoparentali guidate da una donna più indigenti
(oltre 86 milioni di euro), sostenendo la sicurezza alimentare e mediante vie
d’uscita sostenibili dalla povertà.