MERCATO DELLE ASSICURAZIONI AUTO IN ITALIA

Erminia Mazzoni (PPE), Vincenzo Iovine (ALDE), Salvatore Tatarella (PPE), Sergio Paolo Frances Silvestris (PPE), Potito Salatto (PPE), Clemente Mastella (PPE), Alfredo Antoniozzi (PPE), Marco Scurria (PPE), Gabriele Albertini (PPE), Licia Ronzulli (PPE), Antonio Cancian (PPE), Aldo Patriciello (PPE), Lara Comi (PPE), Mario Pirillo (S&D), Cristiana Muscardini (PPE), Barbara Matera (PPE), Giovanni La Via (PPE), Oreste Rossi (EFD), Crescenzio Rivellini (PPE) e Amalia Sartori (PPE)


Premesso che:


     l’assicurazione RC Auto, in Italia e in altri paesi, è un obbligo di legge;


     fra il 60 e il 70% della raccolta assicurativa italiana è nelle mani di 6-7 gruppi assicurativi;


     tale situazione interferisce con le regole della concorrenza sul mercato e autorizza incrementi ingiustificati dei prezzi dei servizi;


     in particolare in alcune regioni dell’Italia del sud, i prezzi elevati imposti dalle società creano una diseguaglianza tra i cittadini italiani, rendendo per alcuni l’adempimento dell’obbligo più oneroso;


     in queste aree, si concretizzerebbe un fenomeno di “pulizia geografica”: aumenti tariffari al momento del rinnovo della polizza, al fine di scoraggiare il consumatore e diminuire il parco clienti nelle zone con costi di gestione alti. Tutto ciò a prescindere dal curriculum dell’automobilista.


Può la Commissione:


1.    valutare se le compagnie assicurative stiano comunicando, nell’Italia del sud, “informazioni di fatto inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo di indurre il consumatore ad acquistare il prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato” (allegato 1, 18, direttiva 2005/29/CE);


2.    verificare eventuali barriere aventi rilevanza economica, che impediscono la prestazione di servizi finanziari al minor costo possibile a livelli prudenziali, nel rispetto delle normative;


3.    indagare su possibili atteggiamenti, da parte delle compagnie, di “indebito condizionamento” (articolo 2, j), e articolo 9, direttiva 2005/29/CE), tesi a “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori” (articolo 2, e, e articolo 5, comma 2, e), direttiva 2005/29/CE), alterando così la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole e inducendo il consumatore medio ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso (articolo 6, comma II, direttiva 2005/29/CE);


4.    far sapere se i comportamenti assunti da alcune compagnie assicurative violino dei principi fissati dalla direttiva 2005/29/CE a garanzia della trasparenza delle informazioni e del divieto di indebito condizionamento teso a falsare il comportamento economico dei consumatori?



E-005819/2011


Risposta di Viviane Reding


a nome della Commissione


(18.8.2011)


 


 


1.         Gli onorevoli parlamentari fanno riferimento alla direttiva 2005/29/CE[1] relativa alle pratiche commerciali sleali, ma è opportuno precisare che sono principalmente le autorità e i tribunali nazionali ad essere competenti per le indagini sul comportamento di singole imprese alla luce della legislazione dell’Unione. La Commissione europea può intervenire solo nei casi in cui la legislazione nazionale non rispetti la legislazione europea o nei casi di applicazione inadeguata di tale legislazione da parte degli Stati membri.


Le eventuali violazioni di tale direttiva vanno pertanto segnalate alle autorità competenti in Italia (segnatamente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato).


 


La Commissione sta attualmente preparando una relazione sull’applicazione della direttiva che sarà pubblicata nel maggio 2012. Nel corso di tale processo continuerà a consultare gli operatori del settore e a chiedere loro contributi e pareri. Nel rispondere a questa consultazione, gli onorevoli parlamentari sono invitati a formulare ulteriori osservazioni sulle questioni sollevate: tutte le osservazioni formulate saranno prese in considerazione nella preparazione della relazione che comprenderà una panoramica sulle modalità con cui la direttiva è attuata negli Stati membri.


 


2.         Per quanto riguarda la presunta interferenza con le norme di concorrenza, conformemente a tali norme, gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare gli scambi tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza nel mercato interno sono vietati (articolo 101 del trattato). È inoltre vietato l’abuso di posizione dominante da parte di un’impresa nel mercato interno o in una parte sostanziale di esso, in quanto può pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri (articolo 102 del trattato). Le circostanze riportate non sembrano però rientrare nell’ambito di applicazione di tali disposizioni. Difatti, non vi è alcuna indicazione di accordi, decisioni o pratiche anticoncorrenziali, né risulta l’esistenza di una posizione dominante o di un comportamento che potrebbe configurare abuso ai sensi dell’articolo 102 del trattato. La circostanza riportata nell’interrogazione secondo cui una quota tra il 60% e il 70% del mercato italiano delle assicurazioni è detenuta da 6 o 7 imprese di assicurazione non costituisce in sé una restrizione della concorrenza.


 


 






[1]     Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 2002/65 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali sleali).