LA CINA E L’EURO

È in aumento il livello dei titoli di Stato europei acquisiti dalla Cina. In Italia la loro quota è superiore al 10%. Il loro consistente tesoro valutario, corrispondente a oltre 3 mila miliardi di dollari alla fine di marzo 2011, rappresenta un potenziale enorme per gli acquisti sui mercati obbligazionari europei che, visti da Pechino, sono davvero minimi e offrono opportunità limitate di investimento rispetto alla loro consistenza. Ciò nonostante, e proprio per questo, i mercati sono sensibilissimi agli annunci dei responsabili valutari cinesi, tanto che le scelte di investimento della Cina rischiano di diventare un elemento importante della politica economica degli europei.


Nelle loro dichiarazioni – stando a quanto afferma la stampa economica – i politici di Pechino parlano degli investimenti obbligazionari come di gesti di amicizia, ma gli intendimenti annunciati non corrispondono mai alle scelte effettive della Safe (State Administration of Foreign Exchange). Quando la Cina compra davvero, lo fa spesso attraverso paesi terzi e paradisi fiscali, per rimanere nell’anonimato e non prestare il fianco alle rimostranze europee e non solo.


1.    Ritiene la Commissione che gli investimenti cinesi siano rischiosi per la definizione della politica economica degli europei?


2.    Qual è il rapporto tra il continuo aumento della loro presenza sui mercati obbligazionari europei e l’andamento valutario dell’euro?


3.    È corretto pensare che la Cina non ha nessun interesse a distorcere i mercati obbligazionari europei o a complicare la vita delle banche centrali?


4.    Ritiene la Commissione che gli investimenti cinesi rappresentino semplicemente un modo per piazzare le riserve valutarie, dato che il debito americano è insufficiente?


5.    Quali precauzioni è possibile immaginare per evitare che l’economia europea continui a essere determinata da Pechino?



E-006491/2011


Risposta di Olli Rehn


a nome della Commissione


(19.8.2011)


 


 


L’onorevole parlamentare fa riferimento alle cospicue (e in costante crescita) riserve valutarie cinesi e al fatto che una parte di esse sia investita sui mercati europei delle obbligazioni statali. Pur non esistendo dati ufficiali sull’esatta composizione o ripartizione in attività di tali riserve valutarie, le informazioni disponibili indicano effettivamente un aumento degli acquisti netti di attivi finanziari dell’Unione europea da parte del settore pubblico cinese.


 


Nell’ambito di una strategia di diversificazione le autorità cinesi stanno incrementando gli investimenti di lungo termine sui mercati finanziari dell’area dell’euro. Vista la portata dei suoi investimenti nell’area dell’euro, la Cina ha tutto l’interesse a che il mercato finanziario europeo funzioni in modo ottimale. Le autorità cinesi hanno ribadito in più occasioni che la Cina sta investendo sul mercato del debito sovrano europeo e che continuerà a farlo. Il nuovo approccio della Cina alla zona dell’euro rispecchia un desiderio di diversificazione degli investimenti rispetto a quelli che detiene in titoli del debito americano (USA). Data la consistenza dei “Treasury Bills ” nel suo portafoglio, con la sua nuova strategia la Cina si tutela contro possibili evoluzioni sui mercati dei capitali degli Stati Uniti.


 


Dall’inizio alla metà di luglio del 2011 l’euro si è apprezzato di circa il 6% sul dollaro americano. L’apprezzamento in termini reali (ovvero in rapporto a tutti i principali partner commerciali, ponderato in funzione degli scambi e adeguato per tenere conto dei differenziali di inflazione) risulta tuttavia più limitato. La domanda di attività denominate in euro da parte della Cina può esercitare una pressione al rialzo sull’euro ma essa dipenderà dall’entità di tale domanda e dal fatto che ciò implichi o no una consistente diversificazione delle riserve rispetto alle altre valute principali. Pur non disponendo di molte informazioni sull’entità delle acquisizioni di attività denominate in euro da parte della Cina, si può asserire che la politica monetaria dell’area dell’euro, le prospettive di crescita relativa e inflazione e il sentimento del rischio degli investitori hanno avuto un’incidenza marcata sull’andamento del tasso di cambio dell’euro fin dall’inizio della crisi.


 


La presenza della Cina nell’Unione europea va oltre gli investimenti sui mercati delle obbligazioni statali. Infatti, per il tramite dei suoi fondi sovrani, in particolare il SAFE (State Administration of Foreign Exchange) e il CIC (China Investment Corporations), la Cina sta acquisendo partecipazioni dirette in imprese dell’Unione europea in una prospettiva di investimento di lungo termine. A tale proposito, per venire incontro alle preoccupazioni espresse da molti paesi destinatari degli investimenti, tra cui anche Stati membri dell’Unione europea, in relazione alla mancanza di trasparenza e responsabilità dei fondi sovrani, nel 2008 il gruppo di lavoro internazionale sui fondi sovrani coordinato dall’FMI è giunto a un accordo su 24 principi e pratiche generalmente accettate (Generally Accepted Principles and Practices, GAPP), i cosiddetti “principi di Santiago ”, al fine di ottenere una maggiore trasparenza in materia di governance, attività e investimenti dei fondi sovrani e accrescerne la responsabilità sia sul mercato interno che internazionale. Parallelamente, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha stabilito una serie di orientamenti – in materia di trasparenza e prevedibilità, non discriminazione, proporzionalità e responsabilità – che dovrebbero assicurare un clima favorevole agli investimenti nei paesi destinatari. Infine, per raggiungere un maggior livello di certezza sui fondi sovrani e stimolare gli investimenti esteri nell’Unione europea, nel 2008 la Commissione europea ha presentato un approccio comune nei confronti dei fondi, così da uniformare le risposte all’afflusso di capitali da loro provenienti.