L’ORTO-FRUTTICOLO IMPORTATO DALLA CINA

Nel 2009 sono arrivate in Italia più di 80mila tonnellate di derivati del pomodoro coltivato in Cina, per oltre 63 milioni di euro. Solo nel primo semestre del 2010 l’incremento è stato del 55 per cento. Situazione analoga per quanto riguarda funghi trasformati o semilavorati: 20mila tonnellate di merce, per un valore superiore a 50 milioni di euro. L’Italia importa dunque dalla Cina pomodori, funghi, ortaggi, legumi, frutta e aglio. Il tutto confezionato e presentato come “made in Italy”, poiché la legge consente la non indicazione del luogo di produzione e lavorazione della materia prima. I dati sono contenuti nel “Rapporto sui laogai e sulle importazioni agroalimentari dalla Cina”, presentato a Roma da Laogai Research Foundation. Tutta questa produzione – secondo la Laogai Foundation Usa – viene fatta sfruttando il lavoro forzato in 259 campi di concentramento che producono nel settore agro-alimentare, senza nessun controllo igienico-sanitario. I prodotti cinesi possono essere vere e proprie bombe chimiche: contengono muffe, pesticidi e i valori sono sballati dall’uso smodato di fertilizzanti nei campi. I prodotti cinesi ottenuti in questo modo, costeranno sempre un terzo o la metà di tutti gli altri. Come regolarizzare il mercato?


 


La Commissione


 



  1. Conosce questa preoccupante realtà?

  2. È in grado di fornirci i dati analoghi per l’insieme delle importazioni UE dell’agro-alimentare?

  3. Non considera necessario, ai fini della regolarizzazione dei mercati e dell’interesse dei consumatori, procedere all’approvazione del regolamento sulla denominazione d’origine dei prodotti alimentari e delle materie prime che li compongono?

  4. Quali provvedimenti ha preso per impedire questa forma di dumping?

  5. Non ritiene che un maggior controllo sanitario alle frontiere potrebbe evitare rischi maggiori?

 


E-003463/2011


Risposta di John Dalli


a nome della Commissione


(16.6.2011)


 


 


La Commissione desidera rinviare l’onorevole deputata alla risposta data alla sua precedente interrogazione scritta E-004730/2010[1] sul quadro giuridico vigente per l’attuazione dei requisiti di sicurezza alimentare dell’Unione applicabili ai prodotti provenienti da paesi terzi.


 


Gli Stati membri effettuano controlli sui prodotti importati per verificare se essi rispettano gli standard sanitari dell’UE o standard equivalenti conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 178/2002[2] (la “legislazione alimentare generale”). Inoltre, nel gennaio 2010, la Commissione ha redatto un elenco di alimenti e mangimi che richiedono un livello accresciuto di controlli prima di poter essere introdotti nell’UE, elenco che è riveduto con cadenza regolare sulla base dei dati e delle informazioni in merito ai rischi sanitari esistenti o emergenti (l’elenco figura nell’allegato I del regolamento (CE) n. 669/2009[3] della Commissione). Dai dati e dalle informazioni disponibili, comprese le notifiche del sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF) presentate a seguito dei controlli effettuati dalle autorità competenti degli Stati membri, non è emerso sinora nessun rischio specifico per la salute in relazione ai pomodori o ai funghi provenienti dalla Cina per quanto concerne le fattispecie di rischio menzionate dall’onorevole deputata.


 


La Commissione dispone di dati sui prodotti agroalimentari importati negli Stati membri. Tuttavia, una volta avvenuta l’importazione, si applicano le regole sulla libera circolazione e di conseguenza non è possibile determinare sistematicamente l’origine delle materie prime nel corso dei trattamenti successivi.


 


La questione dell’etichettatura è discussa nel contesto della seconda lettura della proposta avanzata dalla Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura d’informazioni alimentari ai consumatori[4]. Al momento attuale non è possibile prevedere gli esiti del processo decisionale per quanto concerne la questione dell’etichettatura d’origine.


 


La Commissione conferma che i controlli sui prodotti provenienti da paesi terzi sono una importante caratteristica del sistema di controllo UE della filiera alimentare e che, sebbene i sistemi in vigore abbiano dimostrato di funzionare correttamente, è sempre possibile apportarvi migliorie. La Commissione rinvia l’onorevole deputata alla propria recente relazione sull’efficacia e la coerenza dei controlli sanitari e fitosanitari sulle importazioni di prodotti alimentari, mangimi, animali e piante[5].






[1]          http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB.



[2]     Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, GU L 31 dell’1.2.2002.



[3]     Regolamento (CE) n. 669/2009 della Commissione, del 24 luglio 2009, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al livello accresciuto di controlli ufficiali sulle importazioni di alcuni mangimi e alimenti di origine non animale e che modifica la decisione 2006/504/CE della Commissione (testo rilevante ai fini del SEE), GU L 194 del 25.7.2009.



[4]     COM(2008) 40 definitivo.



[5]     COM(2010) 785 definitivo.