La crisi finanziaria ha inciso seriamente sulla produzione dell’industria conciaria, come è accaduto anche in altri settori produttivi. La lenta ripresa, tuttavia, oltre a essere insufficiente per tornare ai livelli pre-crisi, ha evidenziato una forte perdita di redditività, a causa dell’eccessivo incremento dei costi di produzione, trainati dai prezzi delle principali materie prime del settore: le pelli grezze (in 18 mesi tra il 60 ed il 120 per cento a seconda delle tipologie animali),e i prodotti chimici (più 20%). La depurazione ambientali, inoltre, pesa ormai più del 4 per cento del valore della produzione. Di fronte al rischio concreto dell’interruzione della domanda, con gravi ripercussioni su tutta la filiera,
la Commissione
1. Perché, nell’ambito della sua politica commerciale non combatte il fenomeno del protezionismo extra europeo sulle pelli grezze, la cui produzione per la metà sfugge al libero mercato tramite barriere all’export, praticate in particolare da Brasile, India, Argentina, Russia?
2. Perché non pretende la reciprocità nella tutela dell’ambiente e nel rispetto dei più alti standard globali di depurazione, oltre che di protezione degli interessi sanitari delle maestranze?
3. Perché non considera come forma surrettizia di dumping questa mancanza di reciprocità, dalla quale i competitor traggono vantaggio sui mercati?
Perché non considera la tracciabilità di pelli e manufatti in pelle come una condizione essenziale ed indispensabile a garantire la trasparenza e la sicurezza al consumatore europeo, attraverso l’etichettatura dei prodotti di filiera in ingresso nell’UE, tanto per la denominazione d’origine, quanto per il materiale di composizione?
Risposta di Karel De Gucht a nome della Commissione (11.11.2011) La Commissione, ben consapevole dei problemi che l’industria conciaria dell’UE si trova ad affrontare, è intenzionata a migliorare la competitività di tale industria assicurando un accesso più agevole a materie prime meno costose e in particolare a pelli e cuoi di qualità provenienti da paesi terzi[1] per il tramite dei negoziati di accordi di libero scambio (ASL). L’eliminazione orizzontale delle restrizioni all’esportazione è una questione essenziale soprattutto nell’ambito dei negoziati ASL con l’India. In parallelo la Commissione affronta i singoli problemi di accesso al mercato per il tramite del gruppo di lavoro sull’accesso al mercato per il settore del cuoio. La Commissione continua inoltre a dare rilievo al problema sistemico delle restrizioni alle esportazioni nei paesi G20 attraverso la sua periodica “Relazione sul monitoraggio delle misure potenzialmente limitative degli scambi” (Report on the monitoring of potentially trade restrictive measures)[2] che integra le relazioni nel merito prodotte dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Nell’ambito dei negoziati ASL la politica dell’UE porta avanti anche capitoli globali in tema di commercio e sviluppo sostenibile che coprono anche gli aspetti occupazionali e ambientali. Le parti si impegnano ad adoperarsi per raggiungere elevati livelli di protezione ambientale mantenendo nel contempo il loro diritto di regolamentare sulla base delle loro priorità ambientali, ma in linea con gli accordi ambientali multilaterali da esse sottoscritti. Tra le disposizioni in tema ambientale vi sono gli impegni ad attuare efficacemente e a far rispettare le normative nazionali in campo ambientale nonché la cooperazione ambientale tra le parti. Infine, per assicurare il follow up delle disposizioni contenute nei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile, l’UE sollecita inoltre l’inclusione di un vigoroso meccanismo istituzionale e di monitoraggio. La Commissione ha avviato di recente uno studio per valutare la necessità e la fattibilità di un’etichettatura del cuoio a livello di UE. Tale studio esaminerà tra l’altro le questioni sollevate dall’onorevole deputata, segnatamente la questione di un’etichetta che indichi il paese d’origine e di un’etichetta che indichi che il materiale è vero cuoio.