L’ARROGANZA NON PAGA

Se Milano è, come è stato nel passato, quel laboratorio politico che tutti hanno sostenuto, la realtà che emerge chiara, e che trova riscontro anche in altre parti d’Italia, è il rifiuto degli elettori verso l’arroganza di chi si crede padrone della politica.


In questi anni molte delle nostre speranza sono state calpestate proprio da coloro che avevamo sostenuto e appoggiato: Berlusconi e alcuni suoi ministri e sottosegretari, Berlusconi che disprezza eletti ed elettori quando compra una parte degli uni e non garantisce i diritti degli altri. Il Pdl che invece di costituirsi come partito si è costituito come una società per azioni con detentori di pacchetti di quote ottenute non in base alle capacità di fare politica ma di considerarsi la politica e cioè i padroni delle scelte: dai consigli di amministrazioni alle assunzioni, dagli appalti alle leggi elettorali.


La trasformazione di una elezione amministrativa in un referendum sul suo governo è una scelta che Berlusconi fa seguendo la logica che fino ad ora ha guidato il suo successo e che oggi segna, ineluttabilmente, il suo declino: il sistema padronale di chi ritiene la cosa pubblica cosa personale.


La risposta è comunque chiara: la pazienza, anche dei pazienti, ha un termine, non si può governare un paese a chiacchiere e storielle, dispensando insulti alle altre istituzioni e credendo di avere il diritto di essere contestualmente difensore della famiglia e immarcescibile Don Giovanni.


Letizia Moratti scegliendo la strada della calunnia all’avversario ha dato un altro colpo alla sua credibilità, i milanesi hanno ricordato bene le consulenze d’oro affidate senza regole dal Comune di Milano, le promesse Expo ancora sulla carta, la colata di cemento degli amici costruttori, la incoerenza tra ciò che si è detto, promesso e ciò che invece si è fatto e non si è fatto.


Mentre parte il ‘festival’ delle analisi e delle vere o presunte alleanze, degli scenari futuri più o meno pasticciati e compatibili, sentiamo nell’aria una parola sussurrata che pure arriva dalle labbra di molti: un messaggio per vincitori e perdenti, per le coalizioni di oggi e di domani: un po’ di umiltà nella politica, nei proclami, nelle proposte, nella nostra vita. Scendiamo dai piedistalli sui quali molte volte ci siamo posti da soli e in altre occasioni siamo stati innalzati perché provvedessimo al bene comune e non all’autoincensamento.


Un po’ di umiltà per ricostruire una politica pensante senza arroganze e senza menzogne.