Interrogazione con richiesta di risposta scritta presentata da Cristiana Muscardini (PPE) e Vincenzo Iovine (ALDE)
Il sospetto che i sobborghi attorno a Karachi fossero diventati la roccaforte dei talebani era stato lanciato il 22 agosto, dalle colonne del quotidiano inglese The News International, da Asma Jehangir, Presidente dell’Associazione della Suprema corte di avvocatura del Pakistan, già presidente della Commissione per i diritti umani del Pakistan e informatore ONU. Poco tempo prima, infatti, centinaia di abitanti della nazione del Mohajir erano state trucidati a causa di una pulizia etnica ad opera del Comitato ANM per il Partito della Gente, cioè l’ala militarista del partito del popolo pakistano. Senza dimenticare le numerose estorsioni compiute, sempre dagli stessi miliziani, ai danni di imprenditori e commercianti con le relative conseguenze sanguinose derivate dal rifiuto di pagamento. La polizia locale, purtroppo, fa da spettatrice perché ha ricevuto l’ordine di non intervenire.
Il Pakistan è diventato, così, la roccaforte dei Talebani, soprattutto la capitale Karachi in cui si contano circa 7/8000 ‘combattenti’ che risiedono nei luoghi abitati dall’etnia Pasthun. Questa volta, a denunciare la talebanizzazione del Pakistan è il leader e fondatore di MQM (Muttahida Quami Movement), Altaf Hussain che parla ‘di comunità talebane che da tempo hanno stretto rapporti con il principale operatore immobiliare della zona per piazzarsi, indisturbati, a Ittihad dove troverebbero appoggio sicuro e terreno fertile per estendere definitivamente le loro attività criminose a Karachi’.
La Commissione:
1) è al corrente di questa grave situazione e soprattutto sa degli appelli lanciati dai due esponenti pakistani?
2) Quali iniziative intende prendere per sostenere le loro battaglie per la legalità, la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Pakistan?
3) Non crede che, in accordo con gli osservatori ONU, sarebbe necessario monitorare le zone in questione vista l’attenzione sempre più blanda che i media forniscono al riguardo?
4) Se la presenza talebana sta monopolizzando le attività economiche dell’area attorno a Karachi non potrebbe intervenire con misure di controllo che limitano l’esportazione in territorio europeo di merci prodotte in quella zona?
E-011686/2011 Risposta dell’Alta Rappresentante/Vicepresidente Catherine Ashton a nome della Commissione (15.2.2012) L’Unione europea è al corrente della difficile situazione che gli abitanti di Karachi devono affrontare ogni giorno e degli appelli lanciati da Asma Jehangir e Altaf Hussain. A Karachi le tensioni hanno cominciato a influire sulle politiche nazionali. Ciononostante, malgrado la presenza di alcuni elementi estremisti, anche tra coloro che si sono stabiliti a Karachi negli ultimi anni, e benché la corruzione e la criminalità organizzata frenino considerevolmente lo sviluppo del paese, sarebbe ingiusto, a questo punto, affermare che la città è in mano ai talebani. Il governo pakistano non ha chiesto l’assistenza dell’UE per monitorare la situazione a Karachi, il che costituisce una condizione necessaria per il coinvolgimento dell’UE. Tuttavia, pur non potendo intervenire direttamente negli affari interni di un paese partner, l’UE può comunicare le proprie preoccupazioni per i danni che un clima di violenza e intimidazioni può causare allo sviluppo complessivo del paese e mettere a disposizione la sua esperienza per risolvere problemi politici attraverso il dialogo. L’UE è impegnata in un dialogo regolare con il Pakistan in materia di diritti umani e principi democratici, compresi i diritti civili e politici, e ha invitato le autorità pakistane al più alto livello ad adottare misure volte a tutelare i cittadini del Pakistan, in linea con le norme internazionali in materia di diritti umani. L’UE è chiaramente preoccupata per la situazione dell’ordine pubblico e della sicurezza nel principale snodo commerciale del paese e sta sostenendo progetti intesi a migliorare l’accesso alla giustizia e la qualità dell’attuazione della legge in Pakistan, in particolare attraverso le forze di polizia e le procure. Limitare le importazioni dei beni provenienti da una determinata regione di un paese non è fattibile, in pratica, anche supponendo che un divieto di commercio con la città di Karachi permetterebbe un miglioramento della situazione.