LA RIFORMA DELLA PAC IN LOMBARDIA

La riforma della Politica Agricola Comune, così come è stata delineata, crea preoccupazione e delusione nel mondo produttivo agricolo lombardo. Ci si aspettava una PAC più competitiva e più equilibrata, in grado di affrontare le sfide che ci attendono nel futuro; in essa non figurano gli strumenti per il potenziamento della competitività e la promozione sui mercati internazionali. La riduzione del plafond finanziario, pari al 12,5 per cento in termini reali, contraddice le esigenze d’intervento causate dalla volatilità internazionale dei prezzi e dalla necessità di garantire la sicurezza ed il fabbisogno alimentare. La politica ecologica, inoltre, pur necessaria e da tutelare, non deve penalizzare la produttività, la qualità delle produzioni e la redditività delle imprese.


 


La Commissione


 


1.      Non ritiene eccessiva la quota di aiuti destinata alla componente ecologica, determinata nel 30% del plafond nazionale?


2.      Non considera anacronistico l’impegno del set-aside ecologico, considerata la necessità di cibo necessario per rispondere alle esigenze alimentari dei prossimi anni, in relazione all’aumento della popolazione mondiale? (La FAO prevede una necessità di aumento di cibo del 70 per cento verso l’orizzonte del 2050)


3.      Non  ritiene, ad esempio, che la perdita nella ragione Lombardia (la prima regione agricola italiana) in media  del 30-40% delle attuali risorse finanziarie, con punte in alcune provincie – le più vocate alla zootecnia – del 50-60% e oltre, provochi squilibri territoriali con danni enormi e, nel medio e lungo periodo, anche rischi per la sicurezza alimentare?


4.      Non pensa che i sostegni oggi destinati alla zootecnia, latte e carne, al riso e al pomodoro della Lombardia, se spalmati su tutta la superficie agricola utilizzata a livello nazionale, rischierebbero la chiusura delle aziende ed una perdita di valore aggiunto e di occupazione che coinvolgerebbe anche l’industria agro-alimentare, oltre che l’indotto a monte e a valle del comparto agricolo?


E’ consapevole del fatto che la Lombardia potrebbe perdere  dai 150 ai 200 milioni di euro l’anno (dal 30% al 40-45%), e che le perdite più consistenti sarebbero subite dai territori più fertili di pianura (Milano, Monza Brianza, Cremona, Mantova e Pavia)?



E-010660/2011


Risposta di Dacian Cioloș


a nome della Commissione


(6.1.2011)


 


 


Le proposte presentate dalla Commissione il 12 ottobre 2011 in relazione alla PAC per il periodo 2014-2020 sono finalizzate al conseguimento dell’obiettivo, caldeggiato anche dagli onorevoli parlamentari, di un’agricoltura più competitiva e sostenibile. Di fatto la sostenibilità economica e la sostenibilità ambientale vanno di pari passo, in quanto la gestione sostenibile delle risorse naturali è essenziale per garantire la sicurezza alimentare futura.


 


A tal fine la Commissione propone di destinare il 30% dei pagamenti diretti all’inverdimento, che comprende l’obbligo per gli agricoltori di utilizzare il 7% della loro superficie agricola, ad esclusione dei prati permanenti, come aree di interesse ecologico. Questa categoria comprende non solo i terreni lasciati a riposo, ma anche le terrazze, gli elementi caratteristici del paesaggio, le fasce tampone e le superfici oggetto di imboschimento (i particolari saranno ulteriormente specificati da atti delegati). L’analisi svolta nell’ambito della valutazione d’impatto indica che l’obbligo di destinare il 7% alle aree di interesse ecologico è equilibrato in termini di incidenza sulla produzione e che nel suo complesso l’inverdimento dovrebbe determinare benefici ambientali concreti a un costo ragionevole per gli agricoltori e le amministrazioni. Tale pratica non comprometterà la sicurezza alimentare e la produzione agricola europea. Il rispetto del suddetto obbligo del 7%, in gran parte già soddisfatto, non comporterà il ritiro dalla produzione di grandi distese di terreni produttivi e contribuirà a preservare le necessarie aree di interesse ecologico, che attualmente sono minacciate dalla ricerca di un aumento produttivo a breve termine.


 


Per quanto riguarda i settori agricoli specifici menzionati dagli onorevoli parlamentari, occorre considerare anche che i prati permanenti non sono soggetti all’obbligo di adibire il 7% della superficie ad aree di interesse ecologico e che la diversificazione delle colture non è necessaria per le superfici interamente investite per una parte significativa dell’anno a colture sommerse, come il riso.


 


Inoltre, ai fini di una maggiore competitività del settore agricolo, si prevede di continuare ad accrescere l’orientamento della produzione alle esigenze del mercato nonché di incrementare notevolmente le attività di ricerca, agevolare i collegamenti tra ricerca e agricoltura, rafforzare il sistema di consulenza aziendale e promuovere le attività di cooperazione.


 


Per quanto riguarda la prevista convergenza dei livelli dei pagamenti diretti, le proposte spianano la strada all’adozione di un tasso forfettario a livello nazionale o regionale, lasciando agli Stati membri il compito di stabilire la ripartizione delle risorse di bilancio tra le regioni in base a criteri oggettivi e non discriminatori, quali le caratteristiche agronomiche ed economiche e il potenziale agricolo o la struttura istituzionale o amministrativa regionale. Inoltre, gli Stati membri continuerebbero ad avere la possibilità di utilizzare il sostegno accoppiato per determinati tipi di agricoltura o determinati settori agricoli che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, ambientali o sociali.


 


Nell’attuale contesto economico si propone di mantenere il bilancio della PAC al livello del 2013 in termini nominali, il che dovrebbe permettere di conseguire l’obiettivo di un settore agricolo più competitivo e sostenibile, in grado di affrontare le sfide future. Infine, nel 2012 la Commissione proporrà una riforma della politica di promozione agricola e ha già avviato un dibattito sulla futura politica attraverso un Libro verde pubblicato nel luglio 2011.