LA LIBERTA’ DI RELIGIONE

105
mila sono state nel 2012  le vittime nel
mondo dell’odio contro i cristiani di ogni confessione. Quando l’anno scorso a
Budapest, in un  convegno internazionale
organizzato dall’Unione europea, il sociologo rappresentante  dell’Osce ricordò che in media ogni anno
erano oltre 100 mila i cristiani uccisi nel mondo per la loro fede, vi furono
reazioni di incredulità e di rifiuto. Ora la cifra è stata confermata da altre
fonti, fra le quali quella del ministero degli Affari esteri italiano. Le
stragi, come riportano alcune cronache isolate, vengono compiute addirittura
nelle chiese, oltre che nei villaggi  in
cui i cristiani abitano. Le autorità locali non reagiscono ed i colpevoli non
vengono mai sottoposti a processo. Queste stragi sono preoccupanti anche perché
avvengono in ogni parte del mondo. Pare che la questione non possa essere
relegata soltanto nell’inadempienza rispetto ai diritti umani. Le violenza
degli avvenimenti, il loro accanimento contro la croce, simbolo della passione
di Cristo, il non rispetto della libertà di religione – che non riguarda certo
ogni cristiano ma ogni uomo, perché è un diritto che va riconosciuto come
diritto naturale, quale che sia la propria prospettiva religiosa – fa pensare
piuttosto ad una nuova specie di razzismo che è più diffuso di quel che non si
pensi. Anche gli ebrei, nei Paesi del Nord Europa, non escono più con la kippah
in testa e con la croce di Davide al collo. Temono reazioni violente,  come già è accaduto e molti fatti confermano.
Che sta succedendo in questa Europa “civilizzata”? Che tipo di cultura nutre ed
alimenta queste manifestazioni intolleranti e razzistiche?

 

La
Commissione

1.
è in grado di fornire una sua interpretazione?

2.
Non crede che, oltre alle reazioni di comprensione espresse in occasione di
atti provocatori compiute da ragazze russe contro i credenti in una chiesa di
Mosca, forse sarebbe più congruo reagire fermamente contro le atroci e
cruente  stragi dei cristiani e contro
l’intolleranza nei confronti degli ebrei?

3.
Quando capirà che la lotta unidirezionale al razzismo non contribuisce a
stabilire rapporti pacifici tra i popoli, ma può alimentare campagne d’odio
contro i credenti di alcune religioni?

4
.Continuerà la sua politica in Medio Oriente ed in Africa del Nord, che ha
travolto anche governi e culture che tentavano di mettere in atto una lettura
del Corano più pacifica ed aperta?

5. Cosa intende fare con i Paesi con i quali ha
negoziati in corso e nei quali avvengono stragi di cristiani che non accennano
a diminuire?

IT

E-000021/2013

Risposta dell’Alta rappresentante/Vicepresidente
Catherine Ashton

a nome della Commissione

(12.4.2013)

 

 

Ai sensi della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione e l’Unione rispetta le diversità culturali e
religiose. Nelle conclusioni del 2011, il Consiglio ha espresso “profonda
preoccupazione per il numero crescente di atti d’intolleranza e discriminazione
religiosa” nel mondo, condannandoli fermamente.

 

L’Unione europea sta elaborando delle linee guida sulla
libertà fondamentale di religione o di credo che aiuteranno l’Unione e gli
Stati membri ad affrontare in modo più efficace la questione nell’ambito della
PESC[1]
e ad intervenire presso i paesi terzi partner ogni qualvolta si riveli
necessario.

 

Quanto alla primavera araba, nelle conclusioni dell’8
febbraio 2013, il Consiglio ha esplicitato che il processo di transizione verso
la democrazia “deve fondarsi in modo chiaro sulla promozione e sulla protezione
dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto”. L’impegno
dell’Unione europea nei confronti dei vicini continua a basarsi sul principio
del “more for more
(maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno) e della “responsabilità
reciproca”, come indicato nelle due comunicazioni congiunte dell’8 marzo e
del 25 maggio 2011.

 

Sul piano interno all’Unione europea, la decisione quadro
2008/913/GAI[2]
obbliga gli Stati membri a rendere passibile di sanzione penale l’istigazione
pubblica volontaria alla violenza o all’odio in riferimento alla razza, al
colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica e la Commissione ne
verifica da vicino il recepimento e l’applicazione. I risultati delle
valutazioni sull’osservanza da parte degli Stati membri saranno presentati in
una relazione nel corso del 2013. Fino al 1° dicembre 2014 la Commissione non è
autorizzata ad avviare procedure di infrazione ai sensi della decisione quadro.
Spetta alle autorità giudiziarie e di polizia nazionali esaminare i casi
concreti e stabilire se si configuri una fattispecie di istigazione alla
violenza o all’odio.



[1]     PESC:
politica estera e di sicurezza comune.

[2]     Decisione
quadro 2008/913/GAI del 28 novembre 2008 sulla lotta contro talune forme ed
espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale, GU L 328 del
6.12.2008.