E’
un progetto del governo turco che ha l’inconveniente, se verrà realizzato –
come tutto sembra far credere – di sommergere il millenario sito archeologico
di Hasankeyf. Per protesta, 12 scultori di 9 Paesi appartenenti a “Scultori
senza frontiere”, creeranno dodici opere d’arte da collocare nella città che
verrà sommersa, per attirare l’attenzione del mondo civile su di un’operazione
che ritengono funesta. Il sito archeologico, infatti, si trova nel cuore della
Mesopotamia ed è una delle perle del patrimonio giunto fino a noi
dall’antichità. Il progetto fa parte di un piano molto più ampio per favorire
la sviluppo di un’area depressa con 22 dighe e 19 centrali idroelettriche. Lo
sbarramento previsto, comunque, costerà la perdita di un’eredità che risale a
12mila anni fa e l’evacuazione forzata della popolazione. Ambientalisti e
archeologi sono contro il governo turco, che ora sta accelerando i lavori e
mira a completare la diga entro il 2015, dopo anni di incertezze dovute anche
al ritiro di alcuni investitori internazionali, dubbiosi sulla sostenibilità
del progetto. Sembra però che l’interesse strategico del governo per questa
zona curda superi quello culturale, che verrebbe risolto con l’assicurazione da
parte del ministro per le Acque, di salvare i manufatti archeologici in un
museo apposito. I progetti sui fiumi Tigri ed Eufrate rappresentano tuttavia la
chiave per il controllo delle risorse idriche delle regioni contese con Iraq e
Siria. Anche la proposta di introdurre nella nuova Costituzione un “diritto
all’ambiente” – che avrebbe lasciato alle popolazioni coinvolte l’ultima parola
– è stata sonoramente bocciata.
La
Commissione
1. Ha
un’opinione sulla questione, dato che la Turchia aspira alla candidatura all’adesione?
2.
Considera che la distruzione di un patrimonio di così alto valore sia un
passaggio obbligato verso il cosiddetto progresso?
3. Ha
la possibilità di far sentire la sua voce nei confronti del governo Erdogan?
4.
Può assicurarci che nessun finanziamento dell’UE è coinvolto nel progetto della
diga di Ilisu.
IT
E-010687/2012
Risposta di Štefan Füle
a nome della Commissione
(18.1.2013)
La
Commissione ha già sollevato la questione della costruzione della
diga in occasione di incontri bilaterali con la Turchia per sottolineare
la necessità di prendere in considerazione le preoccupazioni in materia di
diritti dell’uomo. Essa incoraggia la Turchia a consultare tutte le parti interessate,
comprese le ONG, al fine di garantire il rispetto dei diritti della
popolazione, nonché la protezione dei siti archeologici e il rispetto della
legislazione in materia di ambiente. La Commissione ha inoltre sollecitato le autorità
turche a fornire informazioni sulle autorizzazioni rilasciate per le centrali
idroelettriche.
Come indicato nella relazione 2012, l’eventuale impatto negativo
di grandi progetti infrastrutturali sullo sviluppo sostenibile nella parte
sudorientale del paese resta un problema importante da risolvere. La Commissione continuerà
a monitorare da vicino tutti gli aspetti connessi alla costruzione di dighe in
Turchia.
L’Unione europea, che finanzia soltanto i progetti che
rispettano l’acquis, ha precisato in diverse occasioni che il progetto per la
diga di Ilisu non è conforme all’acquis dell’UE.