IMPIANTI A BIOGAS E PRODUZIONE ALIMENTARE

L’Italia si è impegnata con l’UE a coprire entro il 2012 il 20% del suo fabbisogno energetico con le fonti rinnovabili. Nella prospettiva del raggiungimento di questo obiettivo la Lombardia, ad esempio, ha programmato la realizzazione di 314 energy farms (impianti a biogas), di cui 125, secondo Slowfood, sono già funzionanti. Entro il 2013 si prevede che in tutta la regione gli impianti saranno 500. Essendo 300 gli ettari di terreno necessari per fornire il granoturco ad una sola centrale a biogas, la realizzazione degli impianti previsti comporterebbe la rinuncia al 25% di terreni coltivabili, con grave pregiudizio per la produzione alimentare in una zona d’Italia, e non la sola, dove la produzione agro-alimentare è una tradizione consolidata da secoli. Tutto questo – dicono gli esperti – per sviluppare una potenza di 130 megawatt, che equivalgono a meno della metà di quelli prodotti da una centrale a gas medio-piccola, come quella di Tavazzano, in provincia di Lodi. Gli stessi interessati si chiedono se la corsa all’energia da fonti rinnovabili non comporti costi economici ed ambientali di gran lunga superiori a quelli del petrolio.


La Commissione


1.    ha un’opinione in proposito?


2.    Non ritiene necessario trovare un equilibrio per evitare che la crescita della produzione di biogas non finisca per soffocare l’agricoltura tradizionale?


3.    Non pensa che gli incentivi finanziari per l’energia da fonti rinnovabili possano aver turbato il mercato (si pensi all’aumento sconsiderato del prezzo degli affitti dei terreni) e spinto alla produzione di kilowatt, più redditizia rispetto alla farina di mais o al frumento?


4.    Anche per gli impianti foto-voltaici vale lo stesso discorso e perciò dove trovare il punto d’equilibrio tra energia “verde”, tutela dell’ambiente e rispetto dell’equilibrio produttivo alimentare?


5.    Chi sono i responsabili di questo equilibrio? I poteri locali, i governi, la Commissione?



E-005555/2011


Risposta di Günther Oettinger


a nome della Commissione


(20.7.2011)


 


 


La Commissione non ritiene che la promozione delle energie rinnovabili comporti costi economici ed ambientali superiori a quelli del petrolio.


 


Al fine di prevenire e ridurre al minimo gli effetti collaterali della produzione di biocarburanti, la direttiva sulle energie rinnovabili ha stabilito una serie di criteri di sostenibilità cui attenersi nella produzione del biogas impiegato come carburante nei trasporti. In una relazione sulla sostenibilità dell’uso di fonti da biomassa[1], pubblicata nel 2010, la Commissione ha raccomandato agli Stati membri di applicare criteri di sostenibilità analoghi a quelli per i biocarburanti anche al biogas utilizzato per l’elettricità e il riscaldamento.


 


Dalle informazioni in nostro possesso emerge che il potenziale impatto degli impianti di energie rinnovabili sui terreni agricoli destinati alla produzione alimentare è minimo. Nello specifico, in base ai dati relativi al 2010 rilevati dal Gestore dei servizi energetici italiano (GSE) gli impianti fotovoltaici rappresentano soltanto lo 0,38% dei 2,3 milioni di ettari sottratti alla produzione agricola italiana tra il 1990 e il 2007.


 


In termini generali, le eventuali ripercussioni del sostegno alle energie rinnovabili sulla produzione alimentare dipendono dall’approccio dei regimi di sostegno nazionali. Gli Stati membri possono, ad esempio, privilegiare la produzione di biogas da concime organico rispetto a quella basata sul solo granturco insilato. Ricordiamo tuttavia che in diversi casi, soprattutto in zone remote, le energie rinnovabili costituiscono un’interessante fonte di reddito aggiuntiva che può consentire agli agricoltori di continuare a svolgere la loro attività, contrastando il fenomeno dell’abbandono dei terreni osservato in diverse zone europee ed esercitando dunque un effetto positivo sullo sviluppo rurale e sulla produzione agricola tradizionale.


 






[1]     COM(2010) 11 definitivo.