GLI AMORI E GLI ODI VISCERALI CHE DIVIDONO GLI ITALIANI

C’è un crimine, in politica, più grave di qualunque altro per le conseguenze immediate e future, ed è quello di creare, attraverso azioni diverse e continue, un baratro sempre più profondo tra i cittadini, tra la gente comune, nelle stesse famiglie.


Di questo crimine, nell’attuale momento storico, si è reso colpevole Berlusconi che, forse inizialmente in modo non consapevole, perché obnubilato dalla premura di difendersi dalle diverse accuse, o, più semplicemente, perché colpito dalla più grave malattia dello spirito che un uomo politico possa avere: la convinzione della propria onnipotenza e onniscienza coniugate con una dose massiccia e connaturata di arroganza.


La convinzione di essere al di sopra delle regole e di potere indicare ad altri regole che non siano state prima discusse, confrontate e condivise, è inaccettabile per chiunque e particolarmente per chi detiene posizioni di potere.


Gli ultimi anni hanno segnato un baratro profondo tra gli italiani e vi sono precise responsabilità per coloro che hanno scelto la strada della contrapposizione perpetua e fomentato il crescere del conflitto anche interpersonale: piccoli cannibali della politica, piccoli rais con abnormi sogni di potere, piccoli depravati che ‘girano’ ragazzi e ragazze come pedine, piccoli giornalisti che hanno scelto lo scoop dell’odio della cronaca al posto della correttezza dell’informazione.


Colpiti come da una tenia che si installa nell’intestino e lavora  poco a poco ma spietatamente, siamo arrivati ai giorni nostri. Un tempo le grandi contrapposizioni, anche tragicamente violente, erano nate dalle spaventose conseguenze della guerra e negli anni settanta dall’ultima scossa delle ideologie che per prolungarsi il potere non volendo morire, facevano morire gli altri, aizzando i deboli e gli esaltati.


Oggi il baratro tra chi ama incondizionatamente e acriticamente Berlusconi e chi lo odia in modo altrettanto acritico ed incondizionato rischia di portare l’Italia ad un nuovo scontro dove la politica non riesce più ad essere camera di compensazione per stemperare odi e proporre soluzioni perché il sistema dei partiti si è da un lato autodistrutto e dall’altro rigenerato senza regole.


La corte che Berlusconi ha creato attorno a sé ha ulteriormente esasperati i toni: se Berlusconi parlava di cancro, Garnero Santanchè di metastasi, se Berlusconi parlava di pericolo comunista Moratti accusava Pisapia di reati mai commessi e via via, articoli di quotidiani, settimanali e tv di famiglia, il fango è entrato nel ventilatore e alla fine sta travolgendo anche chi ha costruito il ventilatore.


E’ questa indifferenza alle conseguenze delle proprie azioni e dichiarazioni che, anche dopo tanti anni di politica, mi colpisce, mi ferisce, e mi rende irremovibile nella decisione di continuare, qualunque sia il prezzo personale da pagare, a contrastare chiunque voglia tramutare la politica nella gestione del proprio interesse personale o nell’apoteosi del proprio io abnorme.


Berlusconi è la punta dell’iceberg di un sistema, di una concezione della propria vita e di quella degli altri assolutamente falsa, perciò non è solo lui da contrastare, ma bisogna rendere inoffensivi tutti coloro che, da destra e da sinistra, hanno reso possibile questa epoca di politica isterica e violenta.


Non sarà votando Pisapia o De Magistris che ci si rifarà una verginità a destra né la sinistra pensi, dopo queste probabili vittorie, di potere governare con qualche parola gentile volta a nascondere nuovamente interessi poco chiari. Mi riferisco, ad esempio, esplicitamente al piano regolatore di Milano come è stato concepito dalla giunta Moratti e come sembra improvvisamente condiviso da Boeri dal quale attendiamo anche chiarimenti su alcuni aspetti del progetto Expo.


Chiediamo a chi farà il sindaco a Milano, a Napoli e in qualunque parte d’Italia di impedire le colate di cemento, la distruzione dell’ambiente, l’abbattimento degli alberi secolari; chiediamo una lotta trasparente alle infiltrazioni criminali e agli interessi personali negli appalti pubblici; che l’assegnazione degli incarichi avvenga per merito e non per amicizia; che nessun eletto al parlamento nazionale, europeo o al consiglio regionale ricopra incarichi di assessore o di amministratore di società a capitale pubblico o misto; che insomma alle promesse elettorali sia dato seguito attraverso regole chiare che consentano un’effettiva vita democratica nella società, ma anche all’interno delle formazioni politiche.


Chiediamo che l’Italia, partendo dalle grandi città, e in special modo da Milano, capitale economica, possa finalmente tornare a una politica dell’alternanza, alternanza che è possibile solo quando chi governa non promulga leggi per impedire all’avversario di sostituirlo ma si occupa invece di governare bene per essere eventualmente riconfermato, perché il fine di chi governa non può essere la propria riconferma tout court, ma la costruzione di una società rispettosa dei reciproci diritti e doveri di ogni istituzione e di ogni cittadino.


L’Italia oggi ha bisogno di persone che pensino prima di parlare, che si confrontino prima di decidere, e che poi agiscano guardando aldilà del loro contingente interesse personale e di partito.


La politica nuova non può essere né assembleare né verticistica, ma deve essere lo strumento per dare vita a regole condivise e ad assunzioni di responsabilità e il primo obiettivo per tutti deve essere quello di riportare gli italiani fuori dalla spirale dell’odio e delle reciproche menzogne.