DISTACCHI TRANSANAZIONALI E DUMPING SOCIALE

Dal
2010 al 2011, secondo dati UE, con la regola del distacco sono arrivati in
Italia 10 mila lavoratori dalla Romania, oltre 800 dalla Bulgaria e più di 14
mila da Lituania, Lettonia, Polonia e Slovenia. Con questa forma di distacco
non vengono versati contributi all’Italia, ma ai Paesi di provenienza. Si
tratta di un ulteriore danno allo Stato italiano, con conseguente aumento della
disoccupazione nel settore del trasporto. Il distacco transnazionale è
consentito da una direttiva comunitaria nell’ambito della libera circolazione
dei lavoratori e della prestazione dei servizi, che tuttavia impone la parità
salariale con i lavoratori dei Paesi ospitanti. Ma la mancata chiarezza
interpretativa fa sì che agli autisti stranieri che operano sul territorio
italiano vengano applicati solo i minimi tabellari e non le altre parti
salariali previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Le imprese
straniere che organizzano il trasporto merci in Italia, non riconoscono le
indennità di straordinario e quelle di trasferta, attuando un dumping senza
precedenti. Molte sono imprese italiane che hanno delocalizzato nell’Est
europeo. Il costo di un lavoratore straniero è di circa 2.000 euro mensili,
mentre un lavoratore italiano ne costa 4000. Nei Paesi dell’Est inoltre, non
esiste tredicesima, quattordicesima e trattamento di fine rapporto. Le
organizzazioni sindacali che denunciano questa situazione non intendono
“cacciare” il lavoratore straniero, ma auspicano che anch’essi debbano ricevere
la stessa retribuzione dei lavoratori italiani.

 

La
Commissione

 

1.    E’
informata della situazione dei lavoratori stranieri distaccati in Italia?

2.    Considera
normale l’applicazione anomala dei distacchi transnazionali?

3.    Ha
competenza per controllare la corretta applicazione del distacco
internazionale, così come è regolamentato dalla direttiva specifica?

4.    Può
eventualmente intervenire presso il governo italiano, o di altri Paesi europei,
nel caso in cui esista una situazione analoga nel settore dei trasporti, per
attivare la clausola di salvaguardia per il cabotaggio e l’aumento dei
controlli per la corretta applicazione della direttiva sui distacchi?

Non ritiene che l’esistenza di illegalità riferite
al non rispetto dei contratti di lavoro, del codice della strada e delle regole
fiscali contribuisca a diffondere sfiducia nella regolamentazione europea non
applicata e non controllata come invece dovrebbe essere?

IT

E-002909/2014

Risposta di László Andor

a nome della Commissione

(5.5.2014) 

1.              La Commissione non
ritiene che i lavoratori distaccati in Italia abbiano maggiori probabilità di
affrontare situazioni irregolari nelle loro condizioni di lavoro rispetto ai
lavoratori distaccati altrove.

 

2.              Riconoscendo che vi sono carenze
nel modo in cui la direttiva 96/71/CE
[1] è attualmente attuata e applicata,
la Commissione
ha proposto
[2] una direttiva di applicazione,
provvisoriamente concordata dai colegislatori e votata dal Parlamento europeo
il 15 aprile 2014. Essa dovrebbe contribuire a ridurre il numero e la gravità
degli abusi.

 

3 e 4.        Il controllo delle condizioni di lavoro
dei lavoratori distaccati e l’attuazione delle norme relative rientrano nella
sfera di competenza degli Stati membri. Al fine di prevenire l’elusione delle
norme e lottare contro gli abusi, la proposta direttiva di applicazione, tra
l’altro, prevede disposizioni sulla portata delle misure nazionali di controllo
e sui criteri qualitativi relativi alla natura temporanea del distacco e
all’esistenza di un effettivo collegamento tra il datore di lavoro e lo Stato
membro di invio. Le richieste di attivare la clausola di salvaguardia
nell’ambito dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1072/2009
[3] possono essere inviate alla
Commissione in caso di grave perturbazione del mercato dei trasporti nazionali
dovuta all’attività di cabotaggio o aggravata da tale attività. Nessuno Stato
membro ha informato la
Commissione in merito a tale situazione.

 

5.              In generale, solo accordi
collettivi o lodi arbitrali dichiarati universalmente applicabili in conformità
con la direttiva 96/71/CE possono essere imposti a fornitori esteri di servizi
che distaccano lavoratori in uno Stato membro. La Commissione collabora
strettamente con gli Stati membri al fine di migliorare la normative sui
trasporti stradali, mediante note orientative sull’attuazione delle
disposizioni sociali nel trasporto su strada, il finanziamento di progetti di
formazione comune destinati ai funzionari che hanno il compito di far applicare
le norme relative e una categorizzazione comune delle più gravi violazioni
delle norme in materia.

 



[1]
    Direttiva 96/71/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relative al distacco dei
lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, GU L 18 del 21.1.1997.

[2]
    Proposta di direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio sull’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al
distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (COM(2012)
131 final del 21 marzo 2012).

[3]
    Regolamento (CE) n. 1072/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni
per l’accesso al mercato internazionale dei trasporti di merci su strada, GU L
300 del 14.11.2009, pag. 72.