DIRITTI UMANI IN TIBET

Negli ultimi mesi si è registrata la perdurante deportazione di massa di pastori nomadi e contadini tibetani nei “villaggi socialisti” cinesi, privando due milioni di tibetani di ogni mezzo di sussistenza in molte aree del paese; le autorità centrali hanno inoltre lanciato una campagna di “rieducazione patriottica” con l’obiettivo di costringere i religiosi dei monasteri tibetani all’abiura e di reprime, con l’arresto e con l’uso sistematico di tortura, ogni forma di dissenso.


 


 


La Commissione:


 



  1. È al corrente di tale situazione?

  2. È a conoscenza dello sciopero della fame ad oltranza intrapreso dal “Congresso della Gioventù Tibetana” come protesta contro la feroce repressione in atto nel Tibet Orientale?

  3. Non ritiene necessario richiamare l’attenzione della Repubblica popolare cinese al rispetto delle Convenzioni Internazionali sottoscritte e quindi richiedere la cessazione di ogni forma di repressione delle manifestazioni pacifiche di dissenso del Popolo Tibetano?

  4. Quali misure intende intraprendere per fermare l’eccidio che stanno subendo i monaci del Tibet, in speciale modo del monastero di Kirti, che ha subito l’arresto di centinaia di religiosi?

 



IT


E-007440/2011


Risposta dell’Alto Rappresentante/ Vice presidente Catherine Ashton


a nome della Commissione


(1.9.2011)


 


 


La Commissione è a conoscenza della deportazione in massa dei pastori nomadi del Tibet e delle diffuse campagne di “educazione patriottica” concernenti i monaci tibetani. Proprio a motivo delle preoccupazioni che nutre circa il trattamento delle minoranze in Cina, l’UE ha proposto il tema dei diritti degli appartenenti alle minoranze come punto principale dell’agenda del vertice UE-Cina sui diritti umani, tenutosi il 16 giugno 2011. In quella occasione l’UE ha sollevato le questioni del reinsediamento forzato dei pastori, delle campagne di “educazione patriottica”, e dell’incidente al monastero di Kirti, così come preoccupanti questioni di ordine più generale in merito alle limitazioni delle attività religiose, dell’insegnamento in lingua tibetana e alle molestie inflitte ad intellettuali e esponenti della cultura tibetana. L’UE ha esortato la Cina a permettere al popolo tibetano di esercitare pienamente i diritti politici, religiosi, economici, sociali e culturali fondamentali in conformità della Costituzione cinese, delle disposizioni giuridiche cinesi sull’autonomia locale e degli obblighi internazionali che la Cina è tenuta a rispettare. Le autorità cinesi hanno risposto sottolineando il significativo sviluppo economico derivante dalle loro politiche nel Tibet e la soddisfazione espressa dalla popolazione locale per tali politiche. Le autorità cinesi sostengono che i disordini al monastero di Kirti sono da imputare ad un “complotto organizzato” eseguito con estrema crudeltà da parte di alcuni monaci.