Pare che per i
turisti di stomaco buono le Maldive siano considerate un paradiso. Forse lo
sono per certi turisti, non lo sono certamente per i cristiani, le donne ed i
gay. La legge islamica alla quale si rifanno queste isole è applicata
radicalmente. I cristiani non possono praticare la loro fede, il primo gay che
ha aperto un blog in difesa dei valori laici ha rischiato di essere sgozzato,
il 28 febbraio scorso una 15enne è stata condannata a 100 frustate e a otto
mesi di arresti domiciliari per “fornicazione” perché violentata dal patrigno,
è colpevole di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Per lo stesso
reato nel settembre 2012 una sedicenne era stata condannata alla fustigazione
in pubblico. Nel 2010 oltre l’80 per cento dei 96 cittadini maldiviani condannati
alla fustigazione erano donne. Per la sharia, l’omosessualità è punibile con un
anno di galera o 30 frustate. L’anno scorso sono state distrutte 35 statue e manufatti buddisti e indu nel
Museo nazionale. Gli islamici moderati sufi sono malmenati in piazza e chi arriva nell’arcipelago con Bibbia o
Vangelo viene arrestato ed espulso. Se l’ultima sentenza di fustigazione non
sarà cancellata Avaaz, l’organizzazione per i diritti civile ha raccolto 2 mila
firme per il boicottaggio dell’industria turistica.
La
Commissione,
1.
Interprete e guardiana dei diritti umani sanciti dal
Trattato, ha mai preso iniziative per contrastare la loro palese violazione in
questa regione del mondo, a tutela dei cittadini vittime di questa legge
inumana?
2.
Quali azioni intende intraprendere per fiancheggiare e
cooperare con l’Avaaz, al fine di informare i turisti e i viaggiatori europei
della reale situazione alle Maldive e per tutelare i cittadini europei che vi
si trovassero in difficoltà?
3.
Intende esercitare
una forte pressione sulle autorità locali ed eventualmente minacciare di
sospendere provvisoriamente i rapporti di cooperazione con le Maldive, fino al
ritorno ad una situazione di rispetto dei diritti umani?
IT
E-006372/2013
Risposta dell’Alta rappresentante/vicepresidente Catherine
Ashton
(30.7.2013)
L’UE ha reso nota la sua posizione su questo caso in una
dichiarazione formale del 1º marzo 2013
(http://eeas.europa.eu/statements/spokes/index_en.htm#top).
L’Unione ha esortato a più riprese le autorità maldiviane a
respingere questo tipo di sentenze e ad intraprendere una vasta riforma della
giustizia. La politica dell’UE consiste nell’utilizzare il dialogo e l’assistenza
per favorire il cambiamento.
Sebbene l’Unione sostenga attivamente una società civile
dinamica, nelle Maldive come nel resto del mondo, le sue relazioni con le
autorità dei paesi terzi non si svolgono tramite intese con organizzazioni
civiche. All’occorrenza, gli Stati membri sono pronti a offrire il loro
sostegno consolare in questo paese.
Non esiste un accordo di cooperazione con le Maldive. In
quanto paese a reddito medio-alto, a partire dall’anno prossimo le Maldive non
beneficeranno né di concessioni commerciali né di un programma bilaterale di
assistenza. Tuttavia, l’UE continuerà a esortare le Maldive ad adoperarsi
perché il loro ordinamento giuridico sia in linea con le convenzioni
internazionali sui diritti dell’uomo di cui il paese è firmatario ed è pronta a
offrire assistenza in tal senso.