DALLA PRESA DELLA BASTIGLIA ALLA RIPRESA DELL’IDENTITA’

C’è una crisi più profonda ed allarmante della crisi economica, una crisi che renderà difficile trovare, in tempi brevi, la strada per uscire dal tunnel ed è la crisi di identità.


La crisi di identità non è un problema di scelta partitica o di schieramento, non riguarda l’essere di destra, di centro o di sinistra, preferire la lettura di un giornale cartaceo o on line, abitare in centro o in periferia, essere pendolari o avere l’autista.


E’ un problema esistenziale perché riguarda l’esistere, il nostro esistere come persone singole all’interno di un mondo fatto di altre persone, di animali, di cose, di alberi e di petrolio, di finanze virtuali e di economie reali, di guerre conosciute o di altre taciute, di povertà evidenti e di disperazioni sconosciute.


E’ il problema connesso al dilagare della anaffettività, delle paure continue che generano allarmi spropositati per ogni vero o presunto pericolo, è il problema delle insicurezze che alleviamo, prima di tutto, nel nostro animo, della incapacità di provare empatia anche per noi stessi.


Rapporti sentimentali s’interrompono senza rispetto per i ricordi, con un sms, una mail, una dichiarazione ai media. Antichi rapporti di amicizia politica (semmai in politica ve ne siano stati) si troncano con comunicati stampa lapidari ai quali rispondono altri comunicati ancora più feroci e trancianti.


Non si salva nessuno perché tutti sono convinti, in modo acritico, di essere nel giusto, ciascuno si sente incompreso e deluso, ognuno pensa di poter camminare da solo nel deserto ma vuole scegliersi da solo il deserto sul quale camminare.


Un vecchio detto diceva “viaggia leggero chi viaggia solo” e in una società improntata alla solitudine estrema, nella confusione totale, siamo soli anche dentro di noi perché la nostra stessa compagnia a volte ci esaspera perché richiederebbe un confronto interno. Ci circondano suoni, rumori, presenze ingombranti che rendono difficile capire (è più facile rifiutarsi di capire) le motivazioni degli altri mentre camminiamo su una strada che lentamente ci porta a non comprendere più neppure noi stessi.


Mi dispiace che Urso ed altri amici se ne siano andati da Fli.


Mi dispiace per gli anni e gli eventi che abbiamo vissuto insieme, mi dispiace per l’apporto che avrebbero potuto dare per far crescere Fli se fossero rimasti.


Mi dispiace che nessuno abbia ricordato quanto percorso insieme abbiamo fatto nel passato e quanto alcuni di coloro che se ne sono andati (penso a Collino) abbiano saputo, in certe occasioni, sacrificarsi con onestà e in silenzio.


Mi dispiace che autorevoli esponenti di Fli abbiano avuto parole ingiuste e comunque esagerate nei confronti di chi ha scelto di non stare più con noi, in quelle parole ho ritrovato certi metodi ‘larussiani’ che solo qualche tempo fa, tutti insieme, avevamo ampiamente e coralmente deprecato.


A casa mia due errori non hanno mai fatto una ragione e continuerò a pensarla così anche per onorare la memoria di coloro che hanno speso una vita per insegnarmi che sempre e comunque bisogna cercare di essere imparziali e corretti perché difendere le proprie idee non può mai voler dire demonizzare il pensiero degli altri e il vero tradimento è quello di chi finge di condividere o non misura le conseguenze future delle proprie azioni o dei propri entusiasmi.


Mi dispiace non vedere ancora abbastanza in Fli quella capacità di confronto con gli altri che non nasce dalle dichiarazioni per ottenere due righe sui giornali ma da concrete ed attuabili proposte politiche per il rinnovamento della società.


La società per rinnovarsi ha bisogno di regole chiare, condivise ed un partito nuovo deve sapersele dare subito: importano poco i congressi provinciali o il numero dei tesserati on line se le persone continuano a non conoscersi, non si guardano in faccia, non hanno uno statuto nazionale al quale fare riferimento e se non c’è una proposta per vincolare finalmente i partiti ai principi della Costituzione italiana.


Mi dispiace vedere tante persone che si sono avvicinate, o che sono tornate vicino a noi, chiedersi confuse cosa stia accadendo, ritrovare spaccature ed incomprensioni che, francamente, in molti speravamo aver lasciato nel Pdl.


C’è un’Italia in crisi, ma la crisi è ovunque: nel sistema politico e nel sistema economico perché è finita un’epoca, anche l’epoca del consumismo esasperato, di un capitalismo diventato quasi la brutta copia di un certo comunismo perché entrambi hanno fatto crescere elite autoreferenziali ignorando i passaggi democratici e le esigenze complessive. La mondializzazione non controllata ha aumentato le povertà, non distribuito la ricchezza e noi, pur nel nostro piccolo, dovremmo avere il compito di offrire un apporto concreto per dare vita a un nuovo sistema per la nostra società che arranca perché, se la crisi è sistemica, è il sistema che va modificato.


Prima che le piazze esplodano, e molte sono già esplose, prima che diventi irreparabile la deriva verso forme diverse di violenza, e già molta violenza è incontrollata e incontrollabile, dobbiamo ritornare alla vera funzione della politica che è studio, analisi, ascolto e capacità di produrre ciò che è utile a tutti e non ciò che è interesse di pochi, partiti o singoli che essi siano.


Ecco la crisi identitaria che va combattuta: dobbiamo ritrovare la nostra identità di singoli esseri umani capaci di lavorare con gli altri.


L’attraversamento del deserto non è un problema: siamo in tanti disposti a camminare su sentieri difficili perché in tanti, non tutti, purtroppo, abbiamo da sempre rifiutato le autostrade dei compromessi, ma chiediamo una diversa disponibilità d’animo, una maggiore capacità di ascolto e condivisione.


Non ci pesa essere portatori d’acqua, ma ci rifiutiamo di trasportare cicuta, perché Fli non è la casa di alcuni, ma la casa di tutti coloro che hanno qualcosa da offrire in pari dignità.