Quando comperiamo le arance o i peperoni, gli asparagi o i carciofi, la pasta, il pane, il riso, quando mangiamo una fetta di carne, mettiamo il latte nel caffè o nella tazza di un bambino, l’olio nell’insalata e beviamo un bicchiere di vino ci viene mai in mente cosa c’è dietro?
Quante sono le ore di lavoro, quanta la fatica per combattere la siccità o le bombe d’acqua, sappiamo vagamente come alcuni prodotti della terra abbiano bisogno di molte cure, di raccolte ancora manuali, chini sul campo, o di macchinari costosi, sia se si comperano che se li si prende a noleggio?
Gli asparagi nascono all’alba e vanno raccolti subito, a mano, ogni giorno e la raccolta dura poche settimane per anno. Il dicembre scorso, in Sicilia, gli agricoltori hanno dovuto dare acqua agli aranceti assetati mentre, non solo in Puglia, in estate ed in autunno, le olive e le uve sono state decimate dalle avversità del tempo.
In Romagna peri e meli sono coperti dalle reti antigrandine da srotolare e riavvolgere ogni volta, le pecore vanno portate a pascolare su e giù per monti e pianure, nelle stalle il letame va raccolto, le mucche nutrite e pulite prima della mungitura ed i veterinari eseguono controlli costanti e ovviamente non gratuiti.
Ogni volta che acquistiamo un prodotto e poi lo cuciniamo, che lo abbiamo acquistato su una bancarella o al supermercato (i piccoli negozi sono ormai quasi del tutto spariti), ci viene mai in mente quale lavoro c’è dietro il nostro piatto di pasta con le cime di rapa, la cotoletta alla milanese, le lasagne o un arancino di riso, melanzane e pomodoro? Tanto lavoro e passione che la stragrande parte degli agricoltori, dei contadini, degli allevatori mettono ogni giorno.
Mentre beviamo un bicchiere di vino, con un po’ di pane e prosciutto, coppa o salame, mortadella o pancetta, pensiamo solo alle calorie, preoccupati di non esagerare, al costo di quello che stiamo mangiando o pensiamo, per un attimo, anche a cosa c’è dietro, a tutti i passaggi necessari per arrivare alla nostra tavola?
Probabilmente pensiamo ai prezzi che sono cresciuti ma non all’ormai decennale problema dei mega distributori che, in tutta Europa, si accaparrano tutte le produzioni, decidono quanto e come pagare, dopo avere distrutto i piccoli distributori regionali, portando chi coltiva e chi alleva a dover subire la potenza di monopoli che non lasciano scampo: o vendi sottocosto o non vendi.
Lo sanno bene anche i floricultori italiani e francesi costretti a chiudere le serre per la concorrenza che arriva da paesi lontani dove non si controllano gli usi dei pesticidi più nocivi e si affamano i lavoratori.
Così sui cargo arrivano i pomodori cinesi e il problema non è l’emergenza per il grano ucraino ma la consuetudine di avere qui quello russo o di sapere che il latte delle mucche italiane non è pagato a sufficienza perché qualche “furbo” trasformatore utilizza quello in polvere che dovrebbe servire solo per l’alimentazione degli animali.
Chiedere che i prodotti che arrivano in Europa abbiano lo stesso standard qualitativo e di sicurezza alimentare di quelli europei, che la rincorsa ai carburanti alternativi ed alle energie rinnovabili non sia fatto a scapito dell’agricoltura rendendo inutilizzabili migliaia di ettari coltivabili, combattere la eccessiva cementificazione del suolo ed incentivare il recupero abitativo di vecchie case e strutture dismesse, volere che i letti ed i greti dei fiumi siano ripuliti dai tronchi e dalle immondizie, che aumentano la pericolosità delle piene, non vuol dire stare dalla parte degli agricoltori ma stare dalla parte di tutti.
Bisogna Impedire l’attuale strapotere dei monopolisti della grande distribuzione, difendere il nostro sistema alimentare, evitare che col cibo accada quanto già accaduto con il gas.
Essere favorevoli a sgravi fiscali per chi produce in sicurezza quanto ci occorre per nutrirci e per esportare la nostra qualità, le nostre peculiarità e diversità, impedire che si proponga di pagare per non coltivare, per non produrre, proprio in un momento nel quale, per le guerre ed i cambiamenti climatici, c’è la necessità che ogni paese cerchi di avere quanto è indispensabile al sostentamento della sua popolazione, non è essere contro l’Europa ma essere capaci di ricondurla con i piedi per terra.
Saper convivere tra noi umani, saper comprendere e rispettare le semplici ma severe regole della natura non è un optional e le donne, gli uomini che vivono a più contatto con la terra ci ricordano anche questo, non si può mangiare il cemento, dipendere dalle importazioni, pensare che per avere più progresso si debba distruggere il presente ed ipotecare il futuro.
Quando iniziamo a mangiare pensiamo un attimo che la maggior parte di quello che abbiamo pagato per quel cibo non va a chi oggi, in tutta Europa, sfila sui trattori e si vede invece riconosciuto un prezzo ben inferiore ai costi di produzione.