CORONAVIRUS: FATTI SENZA COMMENTI

Diciassettesimo
giorno dal primo decreto che chiudeva alcune province e tredicesimo da quello
che ha vincolato alle stesse restrizioni e chiusure tutta l’Italia. Mentre la
provincia di Piacenza ha più forti misure restrittive ed è alle porte una
serrata dei benzinai con le immaginabili conseguenze per le derrate alimentari
e il trasporto di materiali di prima necessità, il governo sta preparando il
quarto decreto. Dalle prime notizie resterà in vigore trenta giorni e poi sarà
seguito da un nuovo decreto, via via fino al 31 luglio. Nel decreto le regioni
che volessero intervenire aggiungendo  altri provvedimenti dovrebbero
dimostrare la necessità ed urgenza territoriale e mandare l’ordinanza al
Governo per la verifica. In ogni casa l’ordinanza regionale avrà una durata
solo di 7 giorni. A fronte di tante notizie e provvedimenti cerchiamo di
mantenere quella calma, quella calma che sembra qualcuno, a Roma, abbia perso,
a meno che invece siano consapevoli del caos che stanno facendo e vi sia un
disegno in testa.

Abbiamo detto niente
polemiche perché l’urgenza è salvaguardare la salute degli italiani, ma alla
luce dei fatti questa salute non è stata tutelata a sufficienza pur tenendo
conto e giustificando alcuni errori dovuti alla straordinarietà degli eventi.
Esaminiamo alcuni fatti, senza commenti.

Da dopo il 20
gennaio era chiaro a tutto il mondo la gravità della situazione in Cina ed era
a tutti noto che, in una società globalizzata, gli spostamenti di persone e
cose rendevano ovvio che il contagio si sarebbe, almeno in parte, esteso ad
altri paesi. Molti governi non hanno preso in considerazione la chiusura dei
voli provenienti dalla Cina, il nostro li ha invece giustamente bloccati, ma ha
bloccato i voli diretti e ha dimenticato di bloccare o almeno di organizzare un
controllo sui voli che provenivano in Italia portando persone che erano state
nella Repubblica cinese. Era un controllo che andava fatto a tappeto in quanto,
proprio per il blocco dei voli diretti, molte persone arrivavano in Italia con
un volo che dalla Cina aveva fatto scalo in  un altro paese. E’ noto che
comunque, per varie ragioni, molti usano voli triangolati, sarebbe bastato
controllare i passaporti almeno per verificare la vera provenienza e far fare
la quarantena  a chiunque era stato in Cina. Bastava ma non è stato fatto,
tutti coloro che provenivano dalla Cina arrivavano tranquillamente in Italia.
In seguito abbiamo avuto anche il colpevole silenzio tedesco sui suoi infettati
del mese di gennaio, silenzio del quale non si è mai chiesto spiegazione alla
Germania. Mancato il controllo sugli arrivi si è bocciata anche l’idea di Zaia
di mettere in quarantena gli studenti che arrivavano dalla Cina, ovviamente a
prescindere dalla loro nazionalità. Più saggi di tutti sono stati i cittadini
cinesi residenti in Italia che, su indicazione del loro governo, si sono messi
subito, autonomamente, in isolamento.

Dal 31 gennaio
l’Italia è stata messa, fino alla fine di luglio, in emergenza nazionale ma non
si sono allertati subito gli ospedali, partendo dai pronto soccorso, spiegando
meglio quali sintomi, anche minimi, dovevano indurre ad eseguire subito un
tampone e quali pericoli si correvano e quali cautele dovevano essere
assolutamente prese, prima di tutto da medici ed infermieri, e infatti proprio
da molti pronto soccorsi sono partiti troppi contagi. Per troppo tempo si
è considerato il corona virus poco più di una influenza, anche di influenza si
muore ma non certo con contagi così diffusi e repentini. L’allarme è stato
inizialmente molto blando e non recepito, dagli italiani in genere, la gravità
ed il rischio di contagio. Si volevano far sentire sicure le persone e a
Milano come a Bergamo lo slogan “non ci  si ferma“ è stato condiviso da
maggioranza ed opposizione, dalle categorie produttive ed, ovviamente, dai
cittadini ignari del pericolo e desiderosi di non avere vincoli di spostamento
per continuare la vita di sempre. Il focolaio del lodigiano e la conseguente
zona rossa dichiarata per contenere l’epidemia, insieme alla zona rossa di Vò
sono stati gli avamposti del virus  ma il loro esempio non è poi servito
per chiudere le altre aree dove si sono manifestati i maggiori contagi, la Val
Seriana e poi tutta Bergamo e provincia, il bresciano e la stessa provincia di
Piacenza. Se fossero state isolate queste aree il contagio sarebbe stato più
contenuto e anche dopo il termine delle due settimane di isolamento del
lodigiano bisognava aspettare qualche giorno ad aprire. Ora a Piacenza ci sono
cento bare in attesa di poter essere cremate, non c’è più posto neppure per i
morti. Perciò errore non chiudere alcune zone e province, errore  avere
aperto troppo presto il lodigiano con gli asintomatici che hanno potuto
contagiare, inconsapevolmente, gli abitanti di altre città.

Non dimentichiamo
che per tutto il mese di febbraio e per metà marzo si è continuato a dire che
le mascherine non servivano e che bastava lavarsi le mani e, solo in seguito,
tenere la distanza di un metro gli uni dagli altri, fino a che, dopo la
chiusura il 9 marzo di 15 province, tra le quali Piacenza colpita in modo
gravissimo, l’11 marzo si è arrivati al decreto chiudi Italia. Prima era
iniziata una serie di chiusure di tutte le scuole cominciata per poco e poi
procrastinata e alla fine diventata di fatto definitiva. Si è giustamente pensato
alla chiusura delle scuole ma non a mettere in sicurezza le tante strutture per
anziani, anziani privati solo tardivamente delle visite dei loro famigliari ma
lasciati senza protezione individuale insieme ai loro medici, infermieri,
personale ausiliario, cioè senza mascherine e senza indicazioni specifiche ed
ora le case di riposo non sono l’anticamera della morte ma la morte stessa. Si
è continuato a sostenere per settimane che le mascherine non servivano a nulla
poi, ormai da più giorni, si chiede a tutti di usarle per uscire e nei contatti
con gli altri. Si è detto che non servivano per ignoranza o si è detto perché
comunque non c’è n’erano? Sta di fatto che l’assenza di questo piccolo presidio
di difesa ha fatto ulteriormente dilagare il contagio perché senza mascherine
non erano soltanto i cittadini o i lavoratori delle aziende ma i medici di
base, gli infermieri, il personale addetto alla pulizia degli ospedali, o delle
strade, i vigili, i negozianti, i dipendenti dei supermercati o delle farmacie,
i carcerati, in buona sostanza quasi tutti. Ancora oggi, mentre il Presidente
del Consiglio presenta il terzo decreto del Governo, nell’arco di 13 giorni, le
mascherine non ci sono e nella conferenza stampa delle 18 della Protezione
Civile si è annunciato, come grande traguardo, che tra 72 ore un consorzio di
imprese italiane comincerà la produzione di mascherine! In sintesi il problema
lo si conosce da fine gennaio e la produzione comincia tra 72 ore? Vedremo poi
la realtà quando ci diranno su quali grandezze e numeri si prevede sarà la
produzione ed in che tempi. Certo le aziende si dovevano riconvertite e
occorrono le autorizzazioni ed omologazioni ma alcune piccole imprese hanno già
avuto il coraggio di cominciare e stanno dando il massimo che possono per supplire
alle carenze organizzative di chi non ha capito, valutato il problema
sostenendo che le mascherine non servivano ed ignorando che già dai primi
giorni di febbraio erano introvabili. La gente ha indossato di tutto per
cercare di proteggersi e tanti, troppi non hanno ritenuto di mettere nulla
proprio perché “non erano necessarie”… Così i contagi di sono moltiplicati.

Sempre oggi, 24
marzo, si è ammesso che per ogni positivo al tampone potrebbero esserci 9
asintomatici ma i tamponi si sono fatti, salvo che per Vò, solo a chi aveva
sintomi e non sono stati eseguiti sulle persone che avevano incontrato i
positivi al virus. Come identificare gli asintomatici e frenare il contagio se
non si sono eseguiti controlli su chi aveva frequentato i contagiati? Solo con
la quarantena? E come possono fare una quarantena corretta coloro che vivono
con i famigliari magari in due, tre locali? Perché non prendere gli alberghi,
per altro chiusi perché l’Italia è chiusa e gli alberghi non hanno clienti, e
alloggiare lì chi non aveva una casa idonea ad un isolamento corretta? Solo da
un paio di giorni si è cominciato a valutare, marginalmente, questa soluzione
ma troppo tardi. Perche non si è detto da subito di non portare i nipotini dai
nonni, non si è detto ai figli che i genitori anziani andavano assistiti
portando loro la spesa ma senza incontrarli perché il rischio era enorme?
Perché non si è pensato ai focolai che possono esserci nei campi nomadi e non
si sono tenuti in considerazione i più di 50.000 senza tetto che continuano a
vagare per le strade? Alcuni hanno negli ultimi giorni trovato un po’ di riparo
grazie allo strenuo impegno di tanti volontari delle case di accoglienza ma è
sempre il volontariato che si muove mentre troppi rappresentanti delle
istituzioni dormono, perché non si pensa che gli extracomunitari senza permesso
non possono trovare asilo nei ricoveri e che probabilmente, se avranno tosse e
febbre, non cercheranno di andare negli ospedali per non essere individuati?

Perché non dare ai
sindaci aiuti straordinari per occuparsi di queste realtà così pericolose per
la salute di tutti? Questi ed altri problemi non sono stati affrontati nei tre
decreti e nelle molte conferenze stampa e dichiarazioni e temiamo non saranno
affrontati neppure nei prossimi giorni mentre le notizie che arrivano,
dall’Italia e dal mondo, fanno ben comprendere come la pandemia continui ad
espandersi e il virus comincia a colpire anche i più giovani come denunciano i
medici di famiglia di Bergamo dove risultano positivi diverse centinaia di
trentenni. In Italia oggi siamo a 69.176 contagiati, 8326 guariti, 6820
deceduti.