AFGHANISTAN E I CORSI E RICORSI STORICI

Nella
primavera di 20 anni fa il comandante Massoud, con incontri anche al Parlamento
europeo, aveva invano chiesto all’Occidente le armi necessarie per combattere
il Mullah Omar, i talebani e il loro alleato: l’organizzazione terrorista
guidata da Bin Laden. Ovviamente non fu ascoltato nonostante gli si
riconoscesse di essere non solo un eroe ed uno stratega militare ma anche un
uomo politico capace di far convivere l’Islam con le riforme. Massoud aveva
progetti urbanistici, voleva che le donne non fossero più segregate ed
umiliate, credeva che il suo paese dovesse essere libero ed indipendente dal
terrorismo come da certi signori della guerra che anche oggi, accordandosi con
gli attuali talebani, controllano parti del territorio e della coltivazione dei
papaveri. Il comandante fu ucciso il 9 settembre da due terroristi, provenienti
da Bruxelles che, fintisi giornalisti, riuscirono ad ottenere un’intervista e
si fecero esplodere davanti a lui. Due giorni dopo vi fu l’attacco alle due
torri, il tragico 11 settembre che, di riflesso, cambierà anche le nostre vite.

Vent’anni
sono passati nei quali l’Occidente in Afghanistan ha speso molte vite, mezzi
economici e militari per tentare di portare nel paese una parvenza di
democrazia e legalità. Anche molti afgani sono morti negli attentati
terroristici organizzati dai talebani mentre in tante città, non solo europee,
l’Isis, il terrorismo, hanno distrutto altre centinaia di vite. Ora tutto è
finito, si ritorna al passato, in molti muoiono tentando di fuggire da Kabul,
molti sono giustiziati, imprigionati, torturati e le donne stanno subendo più
di tutti il nuovo potere dei talebani. Vent’anni e ancora una volta un nome
rappresenta, dalla valle del Panshir l’unica forma di resistenza, Massoud, il
figlio dell’eroe che aveva costretto alla ritirata gli invasori sovietici, che
bambino aveva visti partecipare al funerale del padre più di 100.000 persone,
ha anche lui chiesto armi per difendere la propria gente, per dare una speranza
di libertà all’Afghanistan. E nuovamente la risposta non c’è stata e le armi le
hanno invece i talebani. La storia si ripete nella sua drammaticità e nel
silenzio di quelle potenze i cui governi in parte ignorano proprio la storia ed
in gran parte, per interessi geopolitici ed economici, sono disposti ad ogni
indegna trattativa. Inutile nascondere la testa: in ballo ci sono interessi
immensi dalle terre rare, presenti sul territorio, al commercio di droga ed
armi, agli equilibri tra paesi imperialisti o che imperialisti vorrebbero
diventare e non ultimo c’è il califfato, quello che è il sogno non solo di
Erdogan. Le diverse etnie che compongono l’Afghanistan, uno stato nato circa
300 anni fa, hanno dimostrato più volte di non tollerare invadenze straniere
sul loro territorio e, nello stesso tempo, di non riuscire, tra di loro, a
trovare una strada per una convivenza civile nel rispetto dei più elementari
diritti umani. Se a questo sommiamo la legge coranica interpretata in modo da
schiavizzare intere popolazioni si capisce bene che seguire gli interessi
economici porta su una strada diversa da quella che intraprende chi crede nel
rispetto della vita e della libertà.

Certamente
se il giovane Massoud continuerà nella resistenza ai talebani ci saranno
scontri sanguinosi ma la libertà ha sempre un prezzo e dovranno essere gli
stessi afgani a decidere se vogliono diventare un popolo ed una nazione.
Massoud potrebbe essere colui che può aiutare a riunificare le diverse
etnie riunendo in se parte delle qualità di Cavour, Mazzini e Garibaldi ma
l’Occidente saprà aiutarlo e l’Oriente lo consentirà?