Un buon successo italiano sul Made In, ma non é ancora finita.

Il Made In (o marcatura d’origine) di alcuni prodotti importati (inparticolare dei tessili, delle calzature e delle ceramiche) é forse il dossier commerciale più importante e più conosciuto in Italia. Si tratta, in sostanza,di apporre sulle etichette di questi prodotti l’indicazione del paese in cuil’articolo é stato fabbricato.

Nonostante questo sistema sia in vigore in stati come gliStati Uniti, il Messico e la stessa Cina, il Made in non ha ancora incontrato il benestare di alcuni Stati Membri dell’UE probabilmente perché la grande distribuzione non intende fare conoscere che molti dei prodotti spacciati venduti come italiani o europei sono prodotti fatti in Cina.  I profitti sono elevatissimi. Nel caso antidumping sulle calzature cinesi, per esempio, é stato calcolato che un paio di scarpe di cuoio costi all’ingrosso circa 10 euro, contro un prezzo di vendita pari in media minimo a 35 euro.  In realtà il prezzo finale é sovente ben più elevato, come tutti quelli che acquistano un paio di scarpe sanno bene. Pur tenendo conto dei margini dei venditori al dettaglio e delle spese accessorie, si capisce che in gioco c’é una quantità immensa di utili.

Noi riteniamo che se il prodotto è fabbricato in Cina, come in qualunque altro paese extra-europeo (e ciò a prescindere dalla suaqualità che é spesso anche buona), il consumatore italiano ed europeo devepoter conoscere il luogo di fabbricazione del prodotto per poter scegliere consapevolmente mentre oggi troppe volte si  gioca sull’equivoco.

Non si tratta soltanto di una questione industriale, il che é gai molto rilevante, ma di un basilare principio di trasparenza: il consumatore deve sapere da dove viene il prodotto che sta acquistando. e dove éstato fabbricato. Spesso l’indicazione “fatto in Italia”, con tutto quel bagaglio di stile, design e qualità che lo accompagna, può fare la differenza al momento dell’acquisto.

La proposta di Regolamento comunitario sul Made in é rimasta ferma per troppo tempo.  Mancava una maggioranza al Consiglio che potesse determinarne l’approvazione e, nonostante gli sforzi italiani, il blocco dei paesi mercantili, Gran Bretagna, Germania, ma anche ipaesi scandinavi) sembrava inattaccabile in quanto le lobbying dei grandi distributori controllano di fatto una buona parte del mercato europeo.

Il Parlamento europeo ha presentato a stragrande maggioranza nel 2006 una dichiarazione scritta chiedendo al Consiglio di votareil regolamento “Made in”.  La Commissione parlamentare per il commercio estero ha reiterato il messaggio apiù riprese nella scorsa legislatura sia nella relazione sulla contraffazione di cui é stato relatore l’On. Susta (PD), sia nella relazione sulle piccole e medie imprese nel commercio internazionale di cui sono stata personalmenterelatrice l’anno scorso. Va notato che i deputati italiani del Parlamento europeo hanno sempre mostrato una rimarchevole univocità d’intenti sostenendoin modo fermo e incondizionato la proposta del Made in.

Le nuove recenti iniziative del Governo italiano, fortemente sostenuto dai parlamentari europei, permetteranno di sbloccare questa situazione di stallo che si protrae ormai da alcuni anni con il supporto fornito dalla Commissione europea (e qui dobbiamo ringraziare la Commissaria Ashton sicuramente piùimparziale del suo predecessore).

La Commissione infatti si é impegnata a presentare una versione ridotta del regolamento Made in per ottenere il consenso degli stati membri finora riluttanti a prendere posizione.

Questo regolamento potrebbe ridurre l’ambito di applicazione della nuova norma a quei prodotti per i quali il marchio diorigine fa la differenza. Alcuni paesi hanno garantito il loro appoggio, altri stanno ancora valutando la proposta. Accettare un regolamento ridotto é sicuramente un sacrificio che però ci permetterà di portare a casa un risultato importante definendo una questione ormai urgentissima vista anche l’attuale crisi che ha colpito decina di migliaia di nuove imprese sottoposte da troppo tempo ad una concorrenza sleale perché senza trasparenza. 

Comincerà a breve un’estenuante fase di negoziati perottenere la maggioranza richiesta e sappiamo che ci sarà un prezzo da pagare e l’Italia dovrà essere molto attenta ad ogni mossa e siamo certi che l’esperienza nel settore del Vice Ministro Urso ci porterà a raggiungere il migliore risultato possibile. 

Il Made in é importante, ma dobbiamo essere molto attenti anche ad altri provvedimenti: penso ai riflessi negativi ce potrebbe avere sulle nostra economica l’accordo di libero scambio con la Corea, se non sarà supportato daidonee misure compensative e da regolari controlli e da un sostegno che eviti eccessivi riflessi negativi sull’industria automobilistica europea e su quella dei componenti Penso all’antidumping sulle calzature la cui revisione é ormai giunta al termine con una proposta incettabile di soli 15 mesi  mentre come da Regolamento dovrebbe essere valida per 5 anni.

Riteniamo che l’Italia e i calzaturieri europei non possano accettare i 15 mesi proposti.

La Commissiona del Commercio internazionale del Parlamento europeo e i parlamentari europei nel loro complesso, garantiranno tutto il loro apporto per fare sì che la produzione ed il commercio abbiano regole chiare e condivise con sanzioni efficaci per quei paesi che non rispettano gli accordi.