SFRUTTAMENTO PROSTITUZIONE IN CINA

Un
recente rapporto delle Nazioni Unite calcola che le prostitute cinesi assommino
a circa 6 milioni. Lo Stato vorrebbe redimerle ma in realtà le sfrutta e ci
guadagna con una forma di carcerazione che le obbliga a lavorare senza
retribuzione, anzi; facendo loro pagare il vitto, gli esami medici, giaciglio,
lenzuola e altri articoli essenziali come sapone e assorbenti igienici. Le
donne passate attraverso alcuni dei 200 penitenziari e riformatori del Paese
parlano di spese onerose e di violenze per mano dei secondini. L’ambiguo
sistema penale cinese per le prostitute prevede “detenzione e istruzione” e la
rieducazione avviene per mezzo del lavoro forzato. Gli istituti penali gestiti
dal ministero della Pubblica Sicurezza trattengono le donne anche per due anni,
spesso facendole lavorare sette giorni alla settimana, senza salario, facendo
loro fabbricare giocattoli, bastoncini usa e getta, pannolini per cani, tutti
articoli destinati per lo più all’esportazione. In penitenziari simili vengono
rinchiusi anche i clienti delle prostitute, ma in numero di gran lunga
inferiore, come risulta dal rapporto pubblicato a dicembre dagli attivisti di Asia Catalyst. Mascherato da sistema per
la rieducazione femminile, il settore della detenzione e dell’istruzione delle
donne carcerate – tra le 18 mila e le 28 mila all’anno –  risulta estremamente redditizio.

 

La
Commissione

 

1.    Non
ha nulla da dire sui prodotti che vengono esportati in Europa e che sono
fabbricati dalla prostitute senza retribuzione incarcerate nei penitenziari?

2.    Non
considera che tale situazione è analoga a quella delle esportazioni fabbricate
nei “laogai”?

3.    A
parte la questione dei diritti umani, che pur ha la sua importanza, non ritiene
che questo modo di fare contravvenga agli elementari principi su cui si regge
il commercio internazionale?

Non ritiene di prendere iniziative per negoziare
con il governo cinese il rifiuto di importare prodotti fabbricati dalle
prostitute con il lavoro forzato?

IT

E-002209/2014

Risposta di Karel De Gucht

a nome della Commissione

(15.4.2014)

 

La Commissione è molto preoccupata per le notizie
relative ad alcune pratiche in uso nel sistema carcerario cinese e per la
supposta importazione dalla Cina di beni prodotti facendo ricorso a quello che
può essere definito come lavoro forzato e lavoro forzato di detenuti. Le
notizie riguardano, tra l’altro, i casi che si verificano nei centri di
custodia ed educazione per le prostitute e i loro clienti e i casi di rieducazione
nei campi di lavoro cui l’Onorevole parlamentare fa riferimento.

 

Si riferisce di abusi in tutti i tipi di sistemi di
detenzione cinesi. La mancanza di trasparenza non consente di avere un quadro
completo della situazione, né di distinguere tra i beni prodotti attraverso il
lavoro forzato e quelli prodotti in modo legittimo.

 

La Commissione prega di fare riferimento alle
precedenti risposte sulle attività del gruppo di coordinamento interservizi
creato per esaminare tali questioni o relative ai casi in cui l’Unione europea
ha sollevato il problema con le autorità cinesi (ad esempio, E-002019/2013 e E-007894/2013).