Senza i veli dell’ipocrisia e dei preconcetti e senza le “palle” che ci propinano gli altri e, qualche volta, ci propiniamo da soli, dedichiamo questo 8 marzo alla lotta alle ingiustizie, alle doppie verità, agli interessi personali che hanno trascinato e trascinano la politica in una guerra tra bande.
Sicuramente le donne sono state e sono spesso vittime dell’ingiustizia anche in questa epoca che le vede, in troppe occasioni, utilizzate come strumento sessuale e di esibizione di potere sia che siano coperte dal burqa o esposte, più o meno nude, per pubblicizzare un marchio o il potente di turno.
Donne che dipendono dal potere di chi le invita a cena per decorare le sue “stanze” o di chi accondiscende a lasciar loro fare politica purché siano referenti di un maschio “dominante”.
Donne assenti dai consigli di amministrazione delle grandi società a partecipazione pubblica e sempre disperatamente in cerca di un lavoro e di servizi sul territorio per potersi occupare, perché a loro spetta, di figli, anziani, malati.
Donne violentate dalle menomazioni sessuali nei loro paesi ed anche in Europa e donne violentate in famiglia.
Donne che, più o meno inconsapevolmente, qualche volta utilizzano il potere maschile per tramutarlo in un loro “potere”: mi vuoi? mi paghi dandomi denaro, sicurezza e un po’ del tuo stesso potere!
Donne che ogni anno si sentono ripetere le statistiche della loro condizione, per parlare dell’Italia una donna su due non trova, e non troverà probabilmente mai, lavoro; gli stipendi sono ancora del 17% inferiori a quegli degli uomini.
Donne nel pieno delle guerre in tante parti del mondo e che anche sono sempre le ultime a poter cercare rifugio altrove, come vediamo oggi, per quanto riguarda il Nord Africa verso le coste italiane.
Riflessioni, riflessioni, riflessioni, tavole rotonde, ricerche, studi, speranze e poi? E poi senza veli chiediamo ai partiti di non raccontarci “Palle”: vogliamo una legge subito che impedisca il cumulo di incarichi, che vieti a chi è eletto di poter sommare alla sua rappresentanza pubblica anche un incarico in un consiglio di amministrazione in società a capitale pubblico o la cui nomina dipenda da un ente pubblico. Vogliamo una legge che stabilisca almeno i requisiti minimi indispensabili per potere accedere a questi incarichi. Senza una regola certa chi parla di meritocrazia continuerà a prenderci in giro, a prendere in giro tutti i cittadini, perché il merito non dipende dall’età, dalla bellezza, dalla disponibilità ad essere acquiescenti ma dai titolo di studio o dall’esperienza acquisita, dalla capacità comprovata, ripeto comprovata, di essere all’altezza di quell’incarico e cioè di avere i requisiti stabiliti a monte, e validi per tutti, per potere esercitare quella funzione.
Basta raccontarci “palle” proponendo ogni anno, da destra a manca, come se fosse una grande riforma, la riduzione dei parlamentari senza fare, nel frattempo, nulla per verificare l’impegno di chi è stato eletto, il contributo, la presenza sul posto di lavoro. Basta parlare di riduzione della spesa pubblica e pensare a leggi o decreti per aumentare il numero di sottosegretari e ministri. Basta dire che si agisce politicamente per dare più voce alla gente mentre si rendono ininfluenti i consigli di zona, unico strumento diretto per dialogare con i cittadini. Basta consentire a deputati, consiglieri regionali, ecc. di assommare al loro incarico istituzionale altri posti di grande potere, sempre più spesso affidati ad amici e parenti, mentre si tolgono i gettoni di presenza a chi opera nei quartieri.
Basta per tutti noi continuare ad ascoltare, senza ribellarci, senza dire in modo chiaro e definitivo come la pensiamo su tutti coloro che parlano di democrazia ma non vogliono l’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione perché non vogliono che i partiti abbiano piena responsabilità e perché non vogliono che nei partiti ci sia quella democrazia che per essere piena e attuata nel Paese deve essere realizzata prima di tutto all’interno della politica.
Basta con chi ci riduce in categorie: donne, uomini, giovani, anziani, ammalati ecc.: la democrazia ha bisogno di tutti e quello che noi vogliamo oggi è strappare il velo che ci hanno buttato addosso per annebbiare le coscienze e per sopire la volontà di reagire: l’alba di un nuovo giorno comincia ogni giorno, ogni giorno spetta a noi tutti sconfiggere silenzi e paure, passare dalle analisi alle proposte, ribadire che prima di fare bisogna pensare: tutti insieme.