REFERENDUM, UNA RISPOSTA E UN APPELLO

Il risultato del referendum dimostra quanto l’arroganza impedisca di rimare in sintonia con gli elettori, di comprenderne le speranze, le paure e le urgenze.


Gli italiani sono andati a votare per scegliere il loro futuro, perché vogliono poter partecipare alla scelte politiche decisive e non essere estromessi da quei partiti che hanno votato una legge elettorale indegna che nomina i parlamentari invece di farli eleggere.


Ma gli italiani hanno anche voluto dare una risposta inequivocabile a chi invitava, pressava, intimava di non partecipare al voto per impedire il raggiungimento del quorum, per impedire, perciò, che gli elettori potessero esprimersi. Ed è stato veramente grave che questi inviti venissero da persone ai massimi livelli delle istituzioni e per questo è particolarmente significativa la percentuale dei votanti.


I cittadini hanno fatto una scelta nel merito ma anche una scelta nel metodo, un appello a quella gran parte della classe dirigente che è più occupata a preparare dichiarazioni per la stampa che a studiare i problemi e a proporre soluzioni, a quella classe politica che passa il suo tempo al telefono facendo affermazioni e commenti che poi sconfessa ogni volta che escono le intercettazioni, a coloro che sono occupati a difendere i propri interessi personali, o di parte, mentre la situazione economica precipita.


Gli italiani, giovani e anziani, senza conflitti generazionali, senza distinzione di partito, di religione e di sesso stanno dicendo, in modo fermo e democratico che il momento di cambiare è arrivato.


Si diano una  regolata tutti coloro che si stanno affannando a indicare nomi vecchi e nuovi per future, ipotetiche e spesso improbabili leadership e che immaginano di dare vita a nuove aggregazioni partitiche raccogliendo i pezzi di quelle in disfacimento e seguendo sistemi obsoleti e morti col secolo scorso.


Cambiare è prima di tutto modificare la logica con la quale si fa politica, è rinnovare la cultura della politica partitica, è provare a studiare, con umiltà e tempestività, i problemi, è abbandonare l’arroganza, la supponenza che ha portato l’Italia al dissesto economico, morale e istituzionale.


Piaccia o non piaccia dopo la morte del comunismo si deve finalmente ammettere la morte del sistema capitalista basato sul consumismo esasperato; il sistema liberale che dobbiamo realizzare non è il liberismo senza regole,  che alcuni stanno proponendo, così come la democrazia non è il governo dei partiti o dei singoli sulle istituzioni.


Grazie a tutti coloro che hanno votato perché ogni voto è stato comunque un sì alla democrazia e al cambiamento che insieme dovremo saper costruire.