MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: UN CRIMINE DEL QUALE BISOGNA CONTINUARE A PARLARE

Il 6 febbraio è la Giornata Mondiale contro le menomazioni genitali femminili.

L’Unione Europea, con tutte le sue istituzioni, ribadisce il massimo impegno nella lotta per sradicare questa abominevole pratica che continua a mietere vittime anche in quei paesi che l’hanno da tempo ufficialmente vietata.

Le mutilazioni genitali, spesso causa di morte, infliggono alle donne una menomazione permanente e gravemente invalidante sia dal punto di vista fisico che psicologico.

Nel mondo circa 200 milioni di donne hanno subito questo rito barbaro che nulla ha a che vedere con la religione, seicentomila sono le donne che vivono in Europa e che sono state infibulate o che comunque hanno subito menomazioni genitali.

Nonostante sia, ovviamente, vietata da sempre nei paesi dell’Unione tutti gli anni ci sono ancora troppi casi di menomazioni effettuate clandestinamente, inoltre molte bambine sono riportate dalla famiglia nei paesi d’origine per subirla.

Occorre una forte campagna di sensibilizzazione che coinvolga non solo le donne, le madri, ma i padri, gli uomini, i ragazzi fin dalla scuola primaria, soltanto con la cultura, l’educazione, la conoscenza del danno che si procura, il rispetto dei più elementari diritti umani potranno sradicare questa pratica violenta.

L’Unione Europea da marzo farà partire, attraverso un potenziamento dei sistema di informazione Schengen, più stretti controlli alle frontiere per identificare donne e bambine potenzialmente a rischio per poter intervenire in tempo.

Difendere le bambine è una priorità sulla quale il Patto Sociale è più volte intervenuto, non bisogna pensare che, avendone già parlato alcuni politici, giornalisti, persone di cultura, il problema possa essere accantonato, le donne continuano a soffrire, spesso a morire.

L’impegno di tutti deve essere quello di continuare a parlarne ma anche di agire meglio ed in modo più incisivo sia con i singoli che con le autorità sanitarie, politiche, religiose e culturali dei paesi a più alto rischio.