LUCI NOTTURNE E ROTTE MIGRATORIE

Sullo Stretto di Messina l’amministrazione comunale ha deciso di illuminare la sua opera ingegneristica più storica e imponente, il pilone di Torre Faro, costruito negli anni Cinquanta per ricevere l’elettricità dal continente e ora in disuso. Il traliccio, alto 229 metri viene fatto brillare con un gioco di colori bianco, rosso e verde, da 12 proiettori led mutanti, capaci di produrre 72 mila lumen complessivi. Lo Stretto, tuttavia, è anche una rotta migratoria fra le più frequentate e secondo uno studio effettuato con il radar dalla Stazione ornitologica svizzera, dal 3 aprile al 15 maggio scorsi sono passati di lì circa 5,6 milioni di uccelli. Per loro le luci sono dannose perché li attraggono, fino a farli schiantare contro il pilone, o perché fanno loro perdere la rotta inviandoli in mare aperto ove muoiono stremati. Gli stessi problemi si verificano in altre parti d’Europa ove tralicci, grattacieli o torri illuminano nelle rotte notturne. Per salvaguardare le rotte migratorie, in opera da secoli, e per garantire la sopravvivenza di migliaia di specie d’uccelli migratori,


 


la Commissione


 



  1. potrebbe proporre agli stati membri l’obbligo di una valutazione di incidenza per tutte le opere poste sulle rotte migratorie che con le loro luci o i loro suoni potrebbero produrre distorsioni di rotta o schianti mortali contro di esse?

  2. Potrebbe anche proporre che le luci vengano eventualmente spente durante il periodo dei passaggi migratori?

Quali altre proposte potrebbe definire per evitare che iniziative dell’uomo alterino la regolare attività biologica degli animali, come ad esempio fari troppo forti per i pesci?



E-006806/2011


Risposta di Janez Potočnik


a nome della Commissione


(18.8.2011)


 


 


La rete ecologica Natura 2000 è stata istituita in virtù della direttiva 92/43/CEE del Consiglio[1] relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. La Commisione desidera ricordare che la direttiva habitat naturali non vieta lo sviluppo economico all’interno delle aree designate siti di importanza comunitaria. Tuttavia, essa prevede (all’articolo 6, paragrafi 3 e 4) che qualsiasi progetto che possa avere incidenze significative su tali siti formi oggetto di una opportuna valutazione di incidenza. Alla luce delle conclusioni della valutazione di incidenza, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità dei siti in questione. Le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CEE sugli habitat naturali definiscono le circostanze nelle quali i piani ed i progetti con effetti negativi possono o non possono essere autorizzati.


 


Per quanto riguarda le specie di uccelli che non rientrano nei siti presi in considerazione da Natura 2000, gli Stati membri devono istituire un sistema generale di protezione per tutte le specie di cui all’articolo 1 della direttiva 2009/147/CE[2] (Conservazione degli uccelli selvatici), che vieta in particolare di disturbarle deliberatamente (articolo 5). La direttiva non obbliga ad effettuare una valutazione di incidenza per i progetti che si ritiene non debbano avere un impatto sulle aree speciali di protezione stabilite nell’ambito della direttiva sulla conservazione degli uccelli.


 


Inoltre, il tipo di progetto a cui fa riferimento l’onorevole parlamentare non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 85/337/CEE modificata, nota come valutazione dell’impatto ambientale o direttiva VIA[3]. La Commissione ritiene però che una valutazione di impatto ambientale costituisca una buona pratica per evitare i disturbi del tipo indicato dall’onorevole parlamentare.


 








[1]     Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.  GU L 206 del 22.7.1992.



[2]     Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20/7 del 26.1.2010) che codifica la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, sulla conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979).



[3]     GU L 175 del 5.7.1985; GU L 73 del 14.3.1997; GU L 156 del 25.6.2003; GU L 140 del 5.6.2009.