L’anonimato sul Web

Dalla
Svezia arrivano le prime iniziative informatiche che permettono di “navigare”
sul Web in totale anonimato. Ad esse si aggiunge l’aumento a dismisura di
software gratuiti o a pagamento che raggiungono lo stesso scopo, come
Anonymizer, Ultrasurf, Ipredator. Relakks, Tor, ecc. A prima vista, nascondere
l’identità degli utenti, sembra un’eccellente idea per preservare la privacy,
violata normalmente, pare, da molti motori di ricerca, che addirittura vendono
a terzi i dati personali. “Queste società – affermano i sostenitori del Partito
Pirata italiano – si mangiano la privacy dei cittadini”, perché attraverso il
loro motore di ricerca, la loro posta elettronica e il loro browser “sono in
grado di conoscere (e riutilizzare) quasi tutto della vita dei suoi utenti”. Da
ciò la pretesa giustificazione dell’anonimato in rete. Con un altro rischio,
però, già paventato e reso esplicito dal “M16”, il servizio segreto britannico,
che critica la possibile adozione nel Regno Unito di simili provvedimenti
restrittivi sulla Rete, perché se più persone entreranno nell’ombra, sarà più
difficile l’attività di controllo su quanto avviene on line da parte delle forze di polizia.
L’esigenza di anonimato è reale, come è reale la necessità di conoscere chi
attraverso la Rete commette reati. Come conciliare le due esigenze, che
sembrano radicalmente contrapposte?

La
Commissione

  1. ha
    un’opinione sulla materia?
  2. Ritiene
    che per favorire la privacy la sola possibilità sia quella di giungere all’anonimato
    dell’utente?
  3. Non
    crede che con l’anonimato si dia il via libera alla criminalità
    organizzata nell’uso della Rete?
  4. A suo
    parere, sono inconciliabili le due esigenze: privacy e sicurezza?