LA CINA E LA CRISI

Sempre più spesso si viene a
conoscenza di interventi speculativi immobiliari da parte dei cinesi, che
approfittano della crisi finanziaria dei Comuni. Se l’apporto di capitali
stranieri in un’economia nazionale indebolita dalla crisi può svolgere una
funzione di stimolo, d’altro canto una strategia speculativa mirata e
persistente può rappresentare una pericolosa infiltrazione negli affari
economici di quel Paese. Potrebbe essere, ad esempio, il caso del mega-affaire
della riconversione delle aree ex Falk di Sesto San Giovanni, un intervento
urbanistico enorme: un milione di metri quadrati da edificare e quattro
miliardi di euro di investimenti. Pare che gli operatori cinesi abbiano
manifestato, come in tanti altri diversi casi, il loro interesse per il
recupero e il restauro dell’area in questione, progetto ritenuto di interesse
dalla stessa Repubblica popolare cinese, il cui sviluppo è seguito dal
consolato cinese di Milano.

 

1. Non ritiene, la
Commissione
, che questa persistente strategia speculativa
possa rappresentare un’infiltrazione oggettivamente pericolosa per lo sviluppo
autonomo delle economie dei nostri Paesi?

2. 
E’ in grado di monitorare questa presenza cinese nel mercato immobiliare
dei Paesi dell’Unione?

3.  Quali
eventuali iniziative può porre in essere per contrastare questo andamento che,
oltre certi limiti, può rappresentare una seria minaccia alla nostra autonomia?

IT

E-000357/2013

Risposta di Michel Barnier

a nome della Commissione

(8.3.2013) 

 

 

La Commissione monitorizza i flussi e stock
di investimenti esteri diretti. Tuttavia compete alle autorità italiane
valutare i potenziali rischi o benefici di un singolo investimento, come quello
cui fa riferimento l’onorevole parlamentare. In una prospettiva più generale,
nonostante le statistiche confermino un aumento degli investimenti cinesi in
Italia e nel resto dell’Europa[1],
il contributo della Cina all’afflusso globale di investimenti è ancora
marginale rispetto ad alti grandi partner commerciali. In base alle esperienze
finora maturate gli investimenti esteri diretti hanno un impatto positivo sull’economia
europea. È pertanto nell’interesse dell’UE, così come sancito dal trattato sull’Unione
europea, continuare ad essere un’economia molto aperta, poiché questo approccio
ha contribuito al nostro benessere globale. La vendita di proprietà a
investitori stranieri è di pertinenza delle autorità nazionali e locali
competenti. Il principale compito della Commissione è garantire che le misure
restrittive siano giustificate e proporzionate conformemente ai trattati dell’UE
e alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea[2].
Per quanto riguarda la possibilità per uno Stato membro di porre restrizioni
agli investimenti esteri diretti, la Commissione rimanda alla risposta all’interrogazione
scritta E-010705/2011.



[1]     Cfr la
risposta della Commissione all’interrogazione scritta E-000260/2013

[2]     Cfr.
l’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), del TFUE e le cause riunite C-163/94,
C-165/94 e 250/94 Sanz de Lera e altri nonché la causa C-54/99 Eglise de
Scientologie.