Sempre più spesso la cronaca ci informa di danni, talvolta gravi, causati al volto o in altre parti del corpo da interventi estetici o dall’uso di prodotti cosmetici. Le donne che ne rimangono colpite cominciano a denunciare quanto è loro capitato e chiedono giustizia attraverso la stampa. Spesso non osano chiederla attraverso i tribunali per l’insufficienza di normative idonee. Nonostante i ripetuti appelli e i maggiori controlli e garanzie per le persone che si sottopongono a questi trattamenti estetici, spesso non è loro dato di conoscere i preparati, utilizzati in zone delicate del corpo, quali ad esempio il viso.
1. Non considera la Commissione necessario che i gestori dell’uso di questi prodotti (medici, farmacisti, produttori) siano considerati responsabili penalmente quando producono danni irreversibili all’epidermide dei malcapitati utilizzatori?
2. Non ritiene giustificato il diritto dell’utilizzatore ad essere informato sulla natura dei componenti del prodotto utilizzato e sulle sue eventuali controindicazioni?
3. Non reputa necessario definire protocolli comuni secondo i quali gli interventi estetici come le punture, i filler o altri, possano e debbano essere effettuati solo dal medico, previo consenso informato del paziente anche sui possibili danni?
Risposta data da Androulla Vassiliou a nome della Commissione | ||||||||||||||
I prodotti cui fa riferimento l’onorevole parlamentare sembrano intesi ad essere iniettati e non sono quindi coperti dalla definizione dei prodotti cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, modificata(1). Certi prodotti invasivi o impiantabili, se hanno una finalità medica, possono essere considerati dispositivi medici ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio concernente i dispositivi medici(2), modificata, o prodotti medicinali a norma della direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(3), modificata. Essi possono, ad esempio, essere utilizzati per chirurgia ricostruttiva o per trattamento successivo ad incidenti o malattie. Nel maggio 2008, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica riguardante la rifusione delle direttive sui dispositivi medici. Una delle domande riguardava il fatto se sarebbe adeguato regolarizzare prodotti impiantabili o invasivi senza uno scopo medico (cfr. punto 3 del questionario)(4). La relazione di sintesi delle risposte alla consultazione pubblica indica il feedback ricevuto riguardo a questo tema (cfr. punto II.4 della relazione di sintesi)(5). La Commissione non ha ancora adottato una posizione definitiva riguardo all’eventuale regolamentazione dei prodotti in questione. In genere, l’organizzazione, il finanziamento e la strutturazione dei servizi sanitari, di cui l’onorevole parlamentare è sicuramente a conoscenza, sono in primo luogo di competenza dei singoli Stati membri. Se l’UE non può insistere che gli Stati membri mettano in atto sistemi specifici di consenso informato per i pazienti o specificare il risarcimento minimo che i pazienti dovrebbero ricevere a seguito di un danno, il trattato CE consente all’UE di sostenere gli Stati membri nelle loro azioni in settori quali la sicurezza del paziente. La Commissione ha perciò sviluppato una strategia per il miglioramento della sicurezza del paziente includendo le infezioni associate all’assistenza sanitaria, stabilita in una proposta di raccomandazione del Consiglio agli Stati membri, adottata il 15 dicembre 2008(6). Nella predetta raccomandazione è inclusa una proposta secondo cui gli Stati membri devono garantire un consenso informato per i pazienti sottoposti a procedure mediche e diffondere informazioni ai pazienti sui rischi, sulle procedure di reclamo e sui rimedi disponibili ed essere risarciti in caso di danno provocato dall’assistenza sanitaria. Questa raccomandazione è stata adottata dagli Stati membri il 9 giugno 2009 in occasione della riunione del Consiglio dei ministri della sanità.
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