IL SAHEL E I TUAREG

L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sahel ha previsto di
riunire a Roma per un incontro di approfondimento, l’Onu, l’Unione africana, la
Francia, il Regno Unito e l’Algeria, cioè gli interlocutori principali per la
crisi in corso in quella regione sub sahariana. Non sono stati invitati i
movimenti ribelli che in Mali rappresentano tanto il problema che la sua
soluzione. E’ in Mali che si è radicato un movimento terrorista e jihadista,
diretta conseguenza della destabilizzazione dell’area provocata dalla guerra di
Libia. “Al Qaida – scrive un quotidiano italiano – si è visto regalare
dalla Nato, per il modo dissennato con cui ha condotto la guerra contro il
colonnello Gheddafi, non soltanto una alleanza insperata con alcune tribù
tuareg in armi, ma anche l’agibilità e il controllo di una immensa regione, il
Sahel, territorio dalle caratteristiche perfette per il radicamento di un
santuario terrorista.” Hillary Clinton e François Hollande sono entrambi
coscienti della gravità estrema di questa realtà incombente. “Abbiamo avuto l’Afghanistan, ora è indispensabile che non nasca mai un
Sahelistan
” dichiarava qualche mese fa Laurent Fabius, lanciando un
primo allarme alla comunità internazionale. Nulla si è fatto finora per evitare
il peggio e pare che il timore di qualsiasi azione sia rappresentato proprio
dai cinque milioni di Tuareg, che sono di religione islamica ma non arabi, e
con i regimi arabi sono in una situazione di endemica tensione. I Tuareg sono
berberi ed hanno una propria identità ribelle alle capitali arabe ed una loro
lingua. Gheddafi aveva inserito i Tuareg libici in posizioni di privilegio del
suo regime e ne aveva arruolato a migliaia nelle sue Forze armate.
L’autonomismo berbero, compreso quello della Cabilia, è la più grande
contraddizione interna ai paesi arabi del Maghreb, inclusa la Tunisia. Caduto
Gheddafi, si è innescato un effetto domino di destabilizzazione che ha dato
vita a un Sahelistan, con migliaia di tuareg perfettamente armati che si sono
riversati in Mali e hanno fornito un apporto militare importante alla rivolta
tuareg, sconfiggendo l’esercito  del Mali
e conquistando tre aeroporti internazionali: Timbuctu, Gao e Kidal, ora in mano
ai terroristi, come tutta la regione dell’Azawad, diventato ora un santuario
jihadista. La missione militare internazionale dell’Onu stenta a muoversi,
bloccata probabilmente da negoziati diplomatici riservati con rappresentanti
non jihadisti.

La Commissione: 1) metterà a frutto gli insegnamenti derivanti
dalle disastrose conseguenze della guerra libica, per evitare gli errori
commessi con i talebani dell’Afghanistan, rinviando di summit in summit ogni
decisione?

2) Si rende conto che le forze “infernali” messe in moto dalla
guerra a Tripoli stanno riuscendo nell’impresa di trasformare i Tuareg in una
forza più pericolosa dei talebani, in una regione a ridosso del Mediterraneo e
dei pozzi petroliferi libici e algerini?

3) La diplomazia europea ha contatti con rappresentanti dei Tuareg?

3) Le
opinioni della presidenza Usa, in questo contesto, hanno ancora autorevolezza
d’ascolto?

IT

E-011465/2013

Risposta dell’Alta
rappresentante/Vicepresidente Catherine Ashton

(13.3.2013)

 

 

In quanto membro del “Gruppo
internazionale di sostegno e follow-up della situazione in Mali”, l’UE si
è impegnata, a fianco della comunità internazionale, sin dall’inizio della
crisi,
in linea con l’impostazione
strategica dell’Unione africana e con le risoluzioni pertinenti dell’ONU, in
cui viene espressa la volontà di offrire ai ribelli tutte le possibilità di
dialogo purché rinuncino al separatismo e agli atti di terrorismo.
L’UE è favorevole a un dialogo
inclusivo con tutti gli interlocutori rappresentativi del nord e sosterrà un
dialogo nazionale inclusivo nell’ambito della roadmap adottata di recente per
ripristinare l’ordine costituzionale.
L’UE intende anche partecipare alla stabilizzazione e alla
ricostruzione per garantire una soluzione duratura alla crisi.

 

Il conflitto nel Mali settentrionale non
può essere ridotto a un problema puramente etnico.
Il governo maliano e la comunità
internazionale intendono lottare contro chi intende distruggere il nuovo Stato
o utilizzare il proprio controllo su parte di esso per svolgere attività
terroristiche o criminali.
Vista l’importanza strategica che il Sahel riveste per la sua vicinanza
con l’UE, ci stiamo adoperando con il massimo impegno per ripristinare la pace
e lo Stato di diritto nella regione.

 

Il SEAE e alcuni Stati membri hanno
avuto contatti con rappresentanti dell’MNLA e di altri gruppi
per facilitare una soluzione
negoziata, a riprova del sostegno della comunità internazionale all’integrità
territoriale del Mali.

Sono frequenti gli scambi con gli Stati
Uniti, che condividono la posizione della comunità internazionale e sostengono
l’impegno europeo.