Errata interpretazione della direttiva sulle accise

Enoplastic SpA è l’azienda leader nella produzione di chiusure per l’industria enologica mondiale con una produzione annuale di circa 2 mld tra capsule termoretraibili in PVC e PET, capsule in polilaminato per vino fermo capsuloni per vini spumanti. Il mese scorso si é verificato un problema con un cliente francese che ha chiesto di produrre delle capsule dovendovi applicare, come testina, un’etichetta con stampata un’immagine, la cosiddetta “Marianna” (che è una fiscalizzazione specifica degli alcolici in Francia), fornita dal cliente stesso. La Dogana francese si é opposta pretendendo che le suddette etichette fossero validate dalla Dogana francese stessa e che l’azienda venisse abilitata dalla Dogana italiana come Depositario Accreditato con un numero di accisa italiano per il trasporto delle suddette. Una richiesta che non é stata accettata dalla Dogana italiana in quanto nel passaggio dalla Francia all’Italia verranno a “cedute” etichette fiscalizzate senza alcun prodotto alcolico ed al ritorno verranno invece cedute capsule con applicate l’etichette medesime senza alcun passaggio di prodotto soggetto ad accisa. Per la direttiva 92/12/CEE il controllo della movimentazione delle Marianne in uscita e successivamente in entrata deve avvenire esclusivamente da parte delle autorità francesi così come nel caso contrario, ma per prodotti effettivamente soggetti ad accisa e quindi accompagnati da DAA, la movimentazione del contrassegno di Stato italiano verrebbe controllato dalla Dogana italiana senza alcuna responsabilità da parte della Dogana francese. L’azienda si trova quindi in uno stato di stallo e di perdita economica ed occupazionale dovuto al comportamento delle autorità francesi che impediscono di fatto di la libera circolazione di beni.

La Commissione:

• é al corrente di tale situazione?

• non ritiene che le autorità francesi stiano violando la direttiva 92/12/CEE sulle accise?

• può controllare tale situazione a danno della libera circolazione delle merci all’interno degli Stati membri in

seguito ad un’errata interpretazione o applicazione della direttiva sopraccitata?

Interrogazioni parlamentari
2 settembre 2010
E-5567/2010
Risposta data da Vladimir Algirdas Šemeta a nome della Commissione

1. La Commissione ha già ricevuto in passato delle denunce relative a circostanze analoghe alla situazione descritta dall’Onorevole parlamentare. Tali denunce sono state archiviate il 23 marzo 1994 in quanto la Commissione ha ritenuto che gli Stati membri avessero il diritto di controllare la produzione di contrassegni fiscali nazionali.

2. Si richiama l’attenzione dell’Onorevole parlamentare sul fatto che la direttiva 92/12/CEE del Consiglio, che viene citata nell’interrogazione, dal 1o aprile 2010 è stata sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE(1). I criteri relativi ai contrassegni fiscali sono stabiliti all’articolo 39 della nuova direttiva.

Il criterio più importante in relazione alla situazione descritta dall’Onorevole parlamentare è che, come recita l’articolo 39, paragrafo 2, della stessa direttiva «gli Stati membri che prescrivono l’uso di contrassegni fiscali o di contrassegni nazionali di riconoscimento a norma del paragrafo 1 sono tenuti a metterli a disposizione dei depositari autorizzati degli altri Stati membri.» Anche se la norma non fa alcun riferimento al luogo di produzione dei relativi contrassegni, la Commissione ritiene che, in linea di principio, debba essere possibile produrre contrassegni fiscali al di fuori dello Stato membro nel quale devono essere utilizzati, a condizione che la loro produzione avvenga alle stesse condizioni di produzione vigenti nello Stato membro di utilizzo: il produttore dovrebbe fornire le stesse garanzie alle autorità competenti e consentire alle stesse controlli equivalenti.

Pertanto, a parere della Commissione, è ragionevole che la Francia richieda che la produzione e la distribuzione dei contrassegni fiscali in oggetto avvengano sotto controlli e verifiche adeguati. Questo non significa però che tali controlli e verifiche debbano essere effettuati dalla autorità competente francese e non significa nemmeno che l’autorità competente italiana debba insistere affinché il produttore in questione debba registrarsi come depositario con un proprio numero di accisa. Infatti il fabbricante in questione non produce vino, ma tappi di bottiglia.

Una cooperazione tra Stati membri in merito al controllo di questo tipo di produzione può essere organizzata sulla base e alle condizioni stabilite dal regolamento (CE) n. 2073/2004 del Consiglio, del 16 novembre 2004, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise(2). A norma del suddetto regolamento l’autorità competente francese potrebbe chiedere all’autorità competente italiana di eseguire controlli adeguati sul processo di produzione.

3. La Commissione è competente per il controllo della corretta applicazione del diritto dell’UE da parte degli Stati membri e, se necessario, adotta provvedimenti nei confronti degli Stati membri che non vi ottemperano.