Contratti derivati e banche

La crisi finanziaria provocata dai prodotti derivati americani ha colpito molte banche, alcune delle quali, data la dimensione delle perdite, sono state salvate dall’intervento pubblico. In Italia, tuttavia, il «buco nero» è stato causato dai contratti derivati, cioè dal sistema con cui le imprese e gli enti locali hanno ottenuto denaro dalle banche per contenere i disavanzi. Pare che questi prodotti, invece di coprire i rischi, li abbiano moltiplicati. Il dato più rilevante, a parte le perdite potenziali sui derivati, che già sono un’enormità, è offerto dal fatto che le banche (Deutsche bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa bank) hanno guadagnato 440 volte più di quanto previsto nei contratti. Nel maxiderivato da quasi 1,7 miliardi di euro firmato nel 2005 dal comune di Milano, pare che le commissioni prevedessero lo 0,01 centesimi, per un totale di 170 mila euro da dividersi tra le quattro banche. Finora, invece, le banche hanno guadagnato almeno 75 milioni di costi impliciti, come risulta dai dati ricavati dai terminali Bloomberg — informa il settimanale «Panorama». Un’indagine è stata aperta dalla magistratura e si potrà sapere se si tratta di contratti truffaldini o di amministratori incompetenti.

Di fronte a situazioni così scabrose e apparentemente inimmaginabili, potrebbe la Commissione chiarire:

Se fenomeni simili si sono manifestati anche in altri paesi dell’Unione?
Come valuta il caso di questi contratti derivati e il danno che ne è seguito, anche per migliaia di piccole e medie imprese?
In ogni caso, non sarebbe opportuno che la BCE valutasse la congruenza di certi contratti finanziari con le regole della trasparenza, della correttezza della loro finalità e del rispetto dell’impiego del denaro pubblico, al fine di evitare guadagni troppo facili alle banche e perdite sicure a carico dei clienti?
se non ritenga che sia giunto il momento di riflettere seriamente sull’opportunità di nuove regole per il sistema finanziario internazionale?

 

 

8 luglio 2008
E-3066/2008
Risposta data da Charlie McCreevy a nome della Commissione

In risposta all’interrogazione scritta dell’onorevole parlamentare relativa ai contratti derivati negoziati dalle banche con alcune categorie di clienti italiani, la Commissione fa notare che dal 1o novembre 2007 la prestazione di servizi di investimento nello Spazio economico europeo è disciplinata dalla direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari («MIFID») e relative misure di esecuzione(1).

Per quanto riguarda in particolare i punti sollevati dall’onorevole parlamentare, la MiFID rafforza la tutela degli investitori tramite un complesso di regole che si applicano sia alle imprese di investimento che alle banche quando prestano servizi di investimento.

In primo luogo gli intermediari sono tenuti a fornire ai clienti informazioni adeguate affinché essi siano ragionevolmente in grado di comprendere la natura e i rischi del servizio di investimento e del tipo specifico di strumento finanziario offerto e pertanto di adottare decisioni di investimento disponendo delle informazioni necessarie. Tali informazioni riguardano tra l’altro gli strumenti finanziari e le strategie di investimento proposte (comprese le avvertenze sui rischi connessi agli investimenti in tali strumenti o a determinate strategie di investimento) nonché i costi e le spese connesse.

In secondo luogo, a seconda del servizio di investimento prestato (ad esempio la consulenza in materia di investimenti, l’esecuzione di ordini) le banche e le imprese di investimento sono tenute a valutare l’appropriatezza e l’adeguatezza degli strumenti finanziari in funzione di talune caratteristiche personali del cliente.

In terzo luogo, quando gli intermediari eseguono gli ordini dei clienti o agiscono per conto dei clienti debbono rispettare l’obbligo di perseguire il migliore risultato possibile.

Inoltre, gli strumenti finanziari derivati sono ritenuti strumenti complessi, per cui alcune norme considerano specificamente le loro caratteristiche. Requisiti specifici riguardano anche la classificazione dei clienti, la grande maggioranza dei quali è classificata come «clienti al dettaglio» e ha diritto a beneficiare di tutti i diritti previsti dalla direttiva. I clienti sono autorizzati a chiedere alle banche e alle imprese di investimento una classificazione diversa. Più precisamente, alcuni clienti al dettaglio ed in particolare le piccole imprese hanno la possibilità di essere classificati come clienti professionali. Tuttavia, considerato che ciò implica l’applicazione di un regime meno protettivo, la procedura e la valutazione per ottenere la riclassificazione in quanto cliente professionale dovrebbero essere rigorose. Nel caso delle piccole imprese menzionato dall’onorevole parlamentare, qualsiasi deroga è considerata valida se le imprese di investimento valutano adeguatamente l’esperienza e le conoscenze del cliente, alla luce della natura delle operazioni o dei servizi interessati.

In base alle disposizioni della MiFID le banche e le imprese di investimento devono essere soggette ad una vigilanza rigorosa da parte delle autorità di regolamentazione anche quando operano su base transfrontaliera.

Alla luce di quanto precede e riepilogando i punti in relazione alle domande poste dall’onorevole parlamentare:

per quanto riguarda il possibile comportamento scorretto degli intermediari nei confronti dei clienti in materia di derivati, la Commissione non ha informazioni che le consentirebbero di trarre conclusioni chiare in merito a possibili pratiche scorrette di vendita nella UE;
per quanto riguarda la valutazione dei contratti derivati da parte della Commissione e le conseguenti iniziative da adottare a livello internazionale (secondo e quarto trattino dell’interrogazione), la Commissione ha adottato numerose norme volte a tutelare gli investitori, anche in caso di servizi transfrontalieri prestati da banche e imprese di investimento. Questi requisiti prevedono norme di comportamento per la prestazione di servizi di investimento e considerano tra l’altro la specificità dei contratti derivati e la posizione delle piccole e medie imprese. La legislazione nazionale di attuazione della MiFID è stata adottata nella grande maggioranza degli Stati membri prima della fine del 2007 e la Commissione sta attualmente svolgendo un’ampia valutazione della correttezza e completezza del recepimento della MiFID da parte degli Stati membri;
per quanto riguarda la valutazione della conformità dei contratti finanziari rispetto alle relative norme, la Commissione sottolinea il ruolo importante svolto dalle autorità nazionali di vigilanza nel monitorare l’applicazione corretta ed effettiva di tutte le norme pertinenti nel corso della loro vigilanza quotidiana.