Il numero di marzo della rivista “Science”, l’organo dell’American Association for Advancement of Science sottolinea con forza che la ricerca clinica deve cambiare registro, cominciando a differenziare gli studi sui farmaci e puntando il dito sull’uso quasi esclusivo di cavie maschili nelle sperimentazioni pre-cliniche, che indagano come i farmaci vengono assorbiti dall’organismo e se sono sicuri. Gli studi dimostrano infatti che le malattie dei maschi e quelle delle femmine sono diverse, come diversa è la loro macchina del DNA. Per questo rispondono differentemente ai farmaci e le terapie cambiano, dall’infarto allo stomaco, dal tumore del polmone al’epatite C, dal dolore alla memoria. E’ un’idea molto recente che le diversità fisiologiche tra uomini e donne possano avere un impatto sulla medicina poiché la scienza medica fino ad ora li considerava sostanzialmente uguali. Oggi grazie al progredire delle scienze si è arrivati a capire che il sesso biologico è molto importante nell’economia delle cellule, dei tessuti e dell’intero organismo e che il DNA è espresso in modo diverso a seconda del sesso di appartenenza. Nel prossimo ottobre Padova ospiterà il secondo Congresso nazionale sulla medicina di genere. Pare sia una rivoluzione silenziosa quella delle due medicine che va avanti da alcuni anni accumulando evidenze scientifiche e dando indicazioni ai medici su come comportarsi.
La Commissione
1. è al corrente di questi studi e dei risultati di alcune ricerche sulle medicine di genere (quello pubblicato da Todd Yerman, ad esempio, della University of British Columbia riguardante 23 sperimentazioni condotte per 40 anni, scoprendo che la terapia a base d’aspirina potrebbe essere inutile per le donne)?
2. Non ritiene che sia inspiegabile il perché ancora oggi la “medicina di genere” non faccia quasi mai parte dei programmi universitari e sia praticamente assente dai principali libri di testo?
3. Può farsi interprete di questa necessità e investire del problema gli organi ed enti europei competenti in materia di salute e di sicurezza dei farmaci?
4. Non considera opportuno che l’UE sia presente al Congresso di Padova del prossimo ottobre?
E-005609/2011 Risposta di Máire Geoghegan-Quinn a nome della Commissione (26.7.2011) 1. La Commissione è a conoscenza degli studi condotti in questo ambito negli ultimi 40 anni, compresi quelli citati dall’onorevole parlamentare. 2. La Commissione non è competente per quanto riguarda la presenza della medicina di genere nei piani di studi universitari e nei libri di testo. In base all’articolo 165 TFUE, il contenuto dei programmi di studi universitari e, più in generale, l’organizzazione dei sistemi scolastici rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri. La direttiva 2005/36/CE contiene requisiti minimi armonizzati in materia di formazione medica di base, che tuttavia non specificano quali materie debbano obbligatoriamente essere presenti in un curriculum medico. 3. Gli enti nazionali competenti in materia di salute, le società scientifiche e gli altri organi pertinenti sono sempre più consapevoli delle differenze di genere nella presentazione delle malattie e della necessità di tenere conto di questo aspetto nella pratica sanitaria. Per quanto riguarda la ricerca, molti degli studi relativi alle questioni di genere sono stati finanziati dall’UE, soprattutto tramite il tema Scienza e società del programma specifico “Cooperazione” del 7° programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (7°PQ). Nel settore della ricerca in ambito sanitario, il tema Salute del 7°PQ contempla la possibilità che differenze di genere/sesso si manifestino in termini di fattori di rischio, meccanismi biologici, cause, manifestazioni cliniche, conseguenze e trattamento di patologie e disturbi e sollecita a prendere in considerazione tali aspetti quando pertinente, per raggiungere l’eccellenza nella ricerca. Il tema dà inoltre un rilievo particolare al coinvolgimento delle donne negli studi clinici. Nell’insieme delle ricerche finanziate dall’UE in tema di genomica, proteomica e metabolomica, come anche in tutti gli ambiti della ricerca translazionale, la popolazione e i campioni biologici devono essere stratificati a seconda del genere poiché tale parametro è essenziale per assicurare la rilevanza scientifica della ricerca. Più in generale, le attuali raccomandazioni normative richiedono che i pazienti reclutati per gli studi clinici rappresentino il più possibile la popolazione che in seguito sarà curata con il medicinale testato, perché le sottopopolazioni potrebbero rispondere in modo diverso a un medesimo trattamento. Lo stesso concetto si applica alla rappresentazione dei generi negli studi clinici ed è pertanto largamente supportato in diversi orientamenti del comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea dei medicinali[1]. Questi orientamenti riflettono le opinioni condivise nell’ambito della Conferenza internazionale sull’armonizzazione dei requisiti per la registrazione dei farmaci[2]. All’atto della valutazione di una richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio, vengono analizzati i risultati basati sul genere (come i risultati relativi ad altri sottogruppi) per evidenziare l’eventuale necessità di utilizzare il medicinale in modo diverso su uomini e donne. È riconosciuto che queste valutazioni legate al genere si basano, in una certa misura, su estrapolazioni relative a pazienti di sesso maschile e femminile. 4. La Commissione non sarà rappresentata al II Congresso nazionale sulla medicina di genere che si svolgerà a Padova a ottobre 2011. [1] Considerazioni di genere nello svolgimento degli studi clinici (EMEA/CHMP/3916/2005), http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Scientific_guideline/2010/01/WC500059887.pdf [2] http://www.ich.org/