Commercio e libertà d’espressione

L’estate scorsa, in occasione del tentativo da parte del governo cinese di introdurre una nuova regolamentazione relativa all’installazione di una tecnologia spyware su ogni nuovo PC portatile, è apparso in tutta evidenza il conflitto tra le regole del commercio internazionale e la censura. Il caso cinese pare non sia stato il solo ad essersi manifestato. Pratiche di censura che toccano le regole basilari del commercio, limitandolo e discriminando compagnie straniere, sono già accadute. Le società di servizi on-line incontrano spesso tali problemi. Molti governi autoritari adottano politiche restrittive per Internet e la comunicazione elettronica. Un conto sono gli interventi delle autorità nazionali contro siti pedofili o che incitano al delitto e alla violenza; un altro sono quelli che censurano per impedire il diffondersi del commercio e lo scambio delle merci. 

1. Può la Commissione far sapere se è a conoscenza di questo rischio che attenta alla libertà del commercio? 

2. E’ possibile affrontare le azioni di censura con le regole del commercio internazionale? 

3. E’ disposta la Commissione a proporre iniziative per evitare che il conflitto con il commercio si risolva a vantaggio della censura?

E-5451/09IT

Risposta di Benita Ferrero-Waldner

a nome della Commissione

(21.12.2009) 

L’utilizzo della censura per controllare il contenuto dei siti costituisce soprattutto una questione politica, che può comunque avere un effetto sul commercio in quanto può limitare la fornitura di servizi o di prodotti. Le regole commerciali hanno lo scopo di ridurre le barriere nel commercio e di eliminare ogni discriminazione nei rapporti commerciali internazionali; gli strumenti commerciali possono essere utilizzati per esercitare pressioni in vari modi, in particolare in quanto i mezzi utilizzati dalla censura possono limitare la libertà di espressione e ostacolare indebitamente anche il commercio. 

A tale riguardo, e in base ad un esame caso per caso, le misure collegate alla censura potrebbero essere combattute quando provocano una discriminazione indebita nei confronti di prodotti o operatori stranieri, quando non è possibile dimostrare che contribuiscono all’obiettivo pubblico che dovrebbero raggiungere o se sono eccessivamente gravose come mezzo per raggiungere l’obiettivo. 

Un esempio può essere costituito dalle norme di censura che bloccano la fornitura di servizi Internet transfrontalieri. Esse potrebbero essere potenzialmente incompatibili con gli impegni che i paesi hanno preso nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dell’Accordo generale sul commercio e sui servizi (GATS), e quindi potrebbero essere esaminati in base a tale prospettiva. 

L’Unione europea ha, ad esempio, partecipato come parte terza ad una controversia relativa agli audiovisivi in Cina nell’ambito dell’OMC.