CACCIA AI CRISTIANI A HOMS

Le cronache giornalistiche dicono che Homs, una città di circa 800 mila abitanti in Siria, è diventata una città fantasma, spaccata in due non solo dal fiume Oronte, ma anche da un fiume di sangue che l’attraversa da qualche mese a questa parte. In una metà vivono coloro che hanno iniziato le manifestazioni contro il regime, sostituiti ora dai “barbuti”, rappresentanti armati del fanatismo islamico estremista, contrapposti ai fedelissimi del presidente Assad. In mezzo a questa guerriglia giornaliera si trovano le minoranze cristiane che risiedono nel centro storico e quelle degli alawiti, detti anche sciiti della montagna. I morti si contano a centinaia, da quando è esplosa la protesta e tra le minoranze trapela la paura che la spirale della violenza possa innescare uno scontro religioso. Un medico che ha studiato in Europa – riferisce il quotidiano La Repubblica del 25 gennaio 2012 (pag. 16) ha parole durissime contro i “salafiti”, gli integralisti islamici sunniti che secondo i governanti di Damasco avrebbero infiltrato la protesta. Per loro i cristiani, gli alawiti o altre minoranze sono tutti nemici dell’Islam, infedeli da eliminare perché corrompono la terra islamica con la loro stessa presenza. “Vanno a caccia di noi cristiani” afferma il medico citato e la gente teme un massacro. E’ questa paura che ha spinto la comunità cristiana a schierarsi, fino ad ora, con il presidente Assad. E’ il timore del futuro che li spinge ad accettare lo status quo. La consapevolezza della complessità e varietà della situazione non permette tuttavia un’interpretazione manichea. Ma un dato è certo: da più di un mese 25/30 corpi martirizzati vengono portati giornalmente all’ospedale militare e il massacro non offre l’impressione di voler terminare.


 


La Commissione e l’Alto Rappresentante,  che certamente sono al corrente della situazione,


 


1.    Hanno preso iniziative per evitare il peggio e far terminare la caccia ai cristiani e agli alawiti?


2.    Quale protezione può offrire l’Europa a questi martiri contemporanei?


3.    Quali reazioni ha avuto l’Unione di fronte ai recenti massacri di Cristiani avvenuti in Nigeria?


4.    C’è la speranza che la politica dell’Unione riesca ad imporsi nei confronti del fondamentalismo terroristico e ad aver successo nella difesa del diritto dei cristiani a vivere anche in terra mussulmana?


 



E-001188/2012


Risposta dell’alta rappresentante/vicepresidente Catherine Ashton


a nome della Commissione


(7.5.2012)


 


 


Nei messaggi rivolti al regime siriano, l’UE ha condannato con il massimo vigore la brutale repressione in corso e le diffuse violazioni dei diritti umani, insistendo sulla necessità di rispettare i principi della libertà di religione e di culto e di evitare le divisioni tra diverse fazioni ed etnie.


 


L’UE ha ripetutamente sollecitato l’opposizione siriana ad aderire a una serie di principi per dar vita a un paese in cui tutti i cittadini godano di uguali diritti, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, etnica o religiosa e ha ribadito il proprio sostegno al popolo siriano e alla sua legittima speranza di vivere in un paese democratico rispettoso dei diritti di tutte le sue comunità.


 


Sempre in quest’ottica, l’alta rappresentante/vicepresidente ha condannato nelle sue dichiarazioni tutti gli atti di istigazione al conflitto interetnico e interreligioso, confermando il proprio appoggio al popolo siriano nella sua aspirazione al rispetto dei diritti fondamentali degli individui indipendentemente dalla loro religione o credo.


 


La libertà di religione e di credo, che è un diritto umano universale e in quanto tale deve essere tutelata ovunque e per chiunque, costituisce una priorità della politica dei diritti umani dell’UE. L’Unione europea solleva periodicamente il problema della libertà di religione con i paesi terzi, nel dialogo politico o in materia di diritti umani, oppure attraverso iniziative ad hoc.


 


Riguardo alla situazione della Nigeria, l’Unione europea rimanda alla dichiarazione sulla situazione di questo paese, resa al Parlamento europeo dal ministro degli Esteri danese Villy Søvndal il 14 marzo 2012 a nome dell’alta rappresentante, e al dibattito parlamentare che ne è scaturito. L’alta rappresentante/vicepresidente ha anche rilasciato una dichiarazione il 26 dicembre 2011 nella quale condanna gli attacchi terroristici avvenuti in Nigeria, inclusi gli attacchi codardi a simboli religiosi e chiese durante il periodo natalizio, che sono sfociati in una terribile perdita di vite umane.