BUGIARDI DIGITALI

Sempre più spesso capita di leggere che agenzie private pagano falsi
internauti allo scopo di far loro pubblicare in Rete giudizi positivi su
prodotti d’ogni tipo. Questo tipo d’operazione viene definita dagli esperti
“crowdturfing” e viene affidata in genere a stagisti di agenzie di
comunicazione e pubblicitarie, oppure a studenti.  Nel caso di Belkin, un produttore americano
di elettronica di consumo, gli utenti venivano reclutati con un annuncio (65
cent. per ogni commento positivo fasullo pubblicato su Amazon).  Tra i nomi più noti colti in flagrante
figurano Lifelift Style, Wal-mart , Orangina, Samsung, Tripadvisor, Expedia e
Booking.com. L’Unione europea giudica illegale il “crowdturfing”, ma ciò
nonostante esso continua a manifestarsi 
sul web.

 

La Commissione, oltre alla formulazione della
dichiarazione d’illegalità,

 

1.     
ha potere e strumenti per impedire il fenomeno e per
colpire chi lo pratica?

2.     
In che misura i governi nazionali possono collaborare per
debellare queste azioni di pubblicità ingannevole e di concorrenza sleale?

3.     
Può dirci come può il mercato interno funzionare
correttamente  se queste azioni
illegittime continuano a manifestarsi?

 

E-008835/2012

Risposta di
Viviane Reding

a nome della
Commissione

(14.11.2012)

 

 

La Commissione conviene con l’onorevole parlamentare che le pratiche
commerciali sleali minano il funzionamento del mercato interno e che è
opportuno combatterle con efficacia.

 

La direttiva
2005/29/CE[1]
vieta già le false recensioni sui siti Internet e, a tale riguardo, la Commissione invita
l’onorevole parlamentare a consultare la risposta fornita alle interrogazioni
scritte P-008065/2011 ed E-009539/2011[2].

 

Spetta principalmente
alle autorità e ai giudici nazionali indagare sulle pratiche adottate da
determinate società che operano sul loro territorio. Soltanto le autorità
nazionali competenti possono infatti valutare se, prendendo in considerazione
tutti i fatti e le circostanze del caso, una società abbia messo in atto
pratiche commerciali sleali o di pubblicità ingannevole.

 

Il regolamento
(CE) n. 2006/2004[3] invita
le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i
consumatori a collaborare le une con le altre, avvalendosi della rete di
cooperazione europea per la tutela dei consumatori presente in tutta l’UE, al
fine di garantire il miglior coordinamento possibile delle attività volte a
porre fine alle pratiche sleali transfrontaliere.

 

Dall’esperienza
acquisita è emersa tuttavia la necessità di coordinare in modo migliore
l’applicazione delle norme, in particolare laddove si tratti di un problema
ricorrente in diversi Stati membri. Per tale ragione, nell’agenda europea dei
consumatori (COM(2012) 225) la Commissione annovera tra le priorità per i
prossimi anni proprio l’applicazione effettiva della legislazione dell’UE in
materia di consumatori.

 

Entro la fine
dell’anno la Commissione
presenterà una relazione sull’applicazione della direttiva 2005/29/CE, in cui
tratterà dell’efficacia della cooperazione in materia di applicazione delle
norme.

 

L’esperienza
insegna infatti che tale coordinamento deve essere rafforzato qualora un
problema ricorrente coinvolga diversi Stati membri.



[1]     Direttiva
2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali, GU L 149
dell’11.6.2005, p.22.

[2]     http://www.europarl.europa.eu/plenary/it/parliamentary-questions.html.

[3]     Regolamento
(CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili
dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori,
GU L 364 del 9.12.2004, p.1.