ABBANDONO DI NEONATI

L’abbandono
di neonati rappresenta il libro nero della maternità. In Italia fonti giornalistiche
parlano di 3 mila all’anno, figli partoriti e lasciati nella toilette di un bar
o, peggio, in un cassonetto delle immondizie. Pochi sono lasciati nelle 40
“culle della vita”, dislocate in tutta Italia tra ospedali, parrocchie e centri
d’assistenza. Ogni caso d’abbandono nasconde una storia simile, quasi  sempre triste: disagio, disperazione,
solitudine, con conseguenze a volte irreparabili, perché dall’angoscia di non
poter accudire il figlio indesiderato all’infanticidio (197 i casi registrati
nel 2011), il passo è breve. Causa principale dell’infanticidio – afferma un
docente di psicopatologia forense alla facoltà di medicina della Sapienza di
Roma – è la psicosi post partum, mentre
all’origine degli abbandoni, spesso, c’è l’immaturità di chi ancora non si
sente pronta ad affrontare la maternità. E3 il caso di diverse giovani
immigrate, quasi sempre clandestine. Appare fondamentale informare le donne su
tutte le possibilità alternative: reti di sostegno, opportunità offerte dalla
legge e le già accennate “culle della vita”. In questa azione devono impegnarsi
tutte le organizzazioni, pubbliche e private, che sono a contatto con il mondo
femminile, a cominciare dai centri d’accoglienza per gli immigrati fino alle
famiglie, agli ospedali e agli enti d’assistenza. Insieme all’aborto, che per
fortuna sembra in diminuzione, l’abbandono è una piaga sociale che va
combattuta con tutti  i mezzi.

 

La
Commissione

 

1.    Può
dirci qual è la situazione degli abbandoni negli altri grandi Stati
dell’Unione?

2.    Conosce
metodi, politiche e programmi di prevenzione che possano ridurli?

3.    Non
ritiene che un’educazione ed una cultura mirate alla vita possano contribuire a
dare valore alla natalità ed alla maternità?

4.    E’
in grado di fornire un contributo alle politiche anti abbandono?


IT

E-011549/2013

Risposta di
Viviane Reding

a nome della Commissione

(9.12.2013)

La Commissione richiama l’attenzione dell’onorevole parlamentare sui
risultati di uno studio dal titolo “Child abandonment and its prevention in
Europe” (L’abbandono dei bambini e la sua prevenzione in Europa), finanziato
dalla Commissione stessa nell’ambito del programma Daphne e pubblicato nel
gennaio 2012[1].
Lo studio, che non riguardava tutti gli Stati membri ma rispettava un certo
equilibrio geografico, esaminava la normativa e le politiche vigenti, i dati
disponibili e le migliori prassi, in particolare riguardo ai metodi di
prevenzione.

 

In virtù dell’articolo
24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i minori hanno
diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. La Carta, come recita il suo
articolo 51, paragrafo 1, si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione
del diritto dell’Unione. Poiché l’Unione europea non dispone di competenze
generali in relazione ai diritti dei minori, la cura di questi ultimi ricade
sotto la responsabilità degli Stati membri.

 



[1]     http://www.bettercarenetwork.org/BCN/details.asp?id=30091&themeID=1001&topicID=1006