Ancora una volta le Elezioni europee diventeranno il pretesto per scatenare la rincorsa ai voti di partito, al rafforzamento dei loro leader invece di essere finalmente l’occasione di far scegliere agli elettori i migliori rappresentanti italiani che, nel Parlamento europeo, dovranno confrontarsi con i colleghi degli altri Stati e con le altre istituzioni, Consiglio e Commissione.
Ha ragione Romano Prodi, che ben conosce i meccanismi europei, quando ricorda quanto sia necessario poter contare in Europa su parlamentari capaci, il più possibile esperti e, soprattutto, presenti e dediti consapevolmente alle politiche europee e siamo convintamente della stessa idea.
L’Italia ha bisogno di Parlamentari che lavorino a Bruxelles e Strasburgo, senza avere la testa girata perennemente verso Roma cercando il consenso dei loro leader nella speranza di potere, prima o poi, approdare a Montecitorio o a Palazzo Madama, dove arazzi e salamelecchi gratificano ed i giornalisti sono più disponibili.
Una delle cause dell’astensionismo, sempre più presente ad ogni elezione, è il leaderismo esasperato di questi ultimi decenni, leaderismo che ha portato ad alcuni il pieno di voti alle Elezioni europee, seguito poi dal crollo vertiginoso dei consensi e la convinzione, negli elettori, che il consenso si è cercato senza un chiaro ed attuabile disegno politico. Gli elettori hanno sempre più la triste sensazione di contare solo per il momento del voto e di essere, anche in quel momento, presi in giro con candidati che non andranno mai in Europa e con programmi che sono un insieme di slogan.
La lontananza tra i cittadini ed i partiti è sempre più evidente, via i circoli e le sezioni, via le occasioni di incontro e confronto, via anche le discussioni tra iscritti, tutto è affidato al capo ed ad una cerchia sempre più ristretta, a qualche comparsata televisiva ed a molti messaggini in rete.
Anche questa volta alcuni leader si faranno votare in Europa, per rimanere poi a Roma, personalizzando la campagna elettorale, con il nome nel simbolo, e trascurando una ricerca di candidati che rappresentino quelle competenze che se non avremo in Europa faranno la differenze tra noi e gli altri paesi.
Occorre che al Parlamento europeo vada chi conosca bene il comparto agricolo come il settore manifatturiero e chimico, chi si intenda di politica estera e regionale, di commercio internazionale ed interno, chi sappia come affrontare la necessità di una riforma dei trattati e del sistema doganale e fiscale, chi sappia leggere i bilanci e chi sappia fare politica anche nei rapporti all’interno del suo gruppo, composto da diverse nazionalità, e tra le diverse famiglie politiche europee.
La prossima legislatura sarà cruciale per il futuro dell’Europa, l’Unione politica, l’esercito comune di difesa, la comune politica energetica, saranno temi prioritari ed urgenti come la capacità di guidare correttamente i fenomeni migratori, di affrontare la salvezza e la ricostruzione dell’Ucraina ed i vari conflitti presenti in così tante parti del mondo. La revisione del WTO, l’intelligenza artificiale ed i pericoli connessi, le scoperte tecnologiche e scientifiche e la preparazione per affrontare eventuali pandemie, la corretta difesa dell’ambiente e dell’ecosistema, hanno bisogno di parlamentari presenti, preparati, connessi con la realtà e non basteranno i leader, tornati a Roma, a risolvere le quotidiane e faticose trattative, a Strasburgo e Bruxelles, in Commissione prima e poi in aula.
L’abbiamo detto e scritto molte, troppe volte, e vediamo con tristezza che la politica ormai sta sempre più scomparendo, prima è stata sostituita dai partiti ed ora dai leader e gli elettori, stanchi di essere usati, stanchi dell’assenza di programmi a confronto, sempre più si allontanano, mentre oggi votare per l’Europa è più che mai necessario per il futuro di tutti.