PENA DI MORTE IN ALABAMA

22 minuti per morire, dopo essere sopravvissuto due anni fa al tentativo di esecuzione tramite iniezione letale, 36 anni dopo il delitto commesso, 22 minuti di agonia che rendono lo Stato dell’Alabama ed il suo governatore a loro volta assassini, con sevizia e crudeltà, di Kenneth Eugene Smith.

Kenneth è stato usato anche come cavia per inaugurare un metodo di esecuzione inumano al quale non solo i medici ma anche i veterinari si erano rifiutati da dare il loro avallo.

Non siamo qui a discutere sulla pena di morte ma sul grado di civiltà dell’Alabama e sul sistema federale che può consentire, come negli Stati Uniti, che il presidente di tutti chieda la moratoria sulla pena di morte ed uno stato non solo la applichi ma lo faccia anche in modo così crudele e con un sistema mai sperimentato prima.

Credo sia giusto anche ricordare che Kenneth era stato inizialmente condannato all’ergastolo e che la pena era stata trasformata in pena capitale con la sentenza di un singolo magistrato ed una procedura che, fortunatamente, non è più ammessa.

Kenneth ha ucciso una donna su commissione, delitto brutale che ha pagato prima con 36 anni di carcere e poi con la vita, ma negli Stati Uniti ogni giorno si commettono pluri ed orrendi omicidi, vere e proprie stragi, per la possibilità di procurarsi troppo facilmente anche armi da guerra e munizioni. Chissà, su questo problema, quale pensiero ha il governatore dell’Alabama, Stato per altro noto per i passati, e non terminati, reati di razzismo.

Un altro pensiero nasce spontaneo: a quali possibili problemi va incontro uno stato, federale o meno, che non ha il controllo sui propri territori, nel quale alcuni territori possano decidere autonomamente anche in spregio agli interessi comuni?