Orfani bianchi in Romania

Sarebbero 4 milioni, quasi un quinto della popolazione, i romeni emigrati in Europa, soprattutto in Italia e Spagna. Quasi sempre questi migranti lasciano i figli a casa. Con la crisi, che in Romania taglia il Pil del 3.5 per cento e gli stipendi del 20, si parla già di “orfani bianchi”, una generazione di figli affidata alle cure di nonni, zii, vicini. L’UNICEF ne stima 350mila in patria, di cui un terzo in Moldavia. In Romania, sopravvive dal comunismo il sussidio statale per ogni bambino: 65 euro al mese fino a due anni, 10 fino ai 18, ma se i genitori vivono in Patria. Per la situazione attuale, i figli restano senza tutela legale: ciò rappresenta un problema se devono iscriversi a scuola o ricoverarsi in ospedale. Per le condizioni di asocialità in cui sono costretti a vivere,  il rischio della delinquenza è a portata.di mano.

 

La Commissione,

 

  1. é consapevole della situazione attuale?

 

  1. Non ritiene necessario promuovere progetti sociali per spiegare a chi intende emigrare il disagio che causerà ai figli?

 

  1. Ha intenzione di valutare il fenomeno e di proporre correttivi miranti a ridurre i rischio di prostituzione, delinquenza, suicidi e aggressività infantile?

Risposta data da Vladimir Špidla a nome della Commissione

La Commissione ribadisce la posizione evidenziata nella sua risposta all’interrogazione scritta E-6491/08(1), che ha sollevato preoccupazioni riguardo alla situazione dei bambini separati dai rispettivi genitori che lavorano all’estero. Nella risposta la Commissione ha sottolineato la sua consapevolezza in merito a questa difficile situazione e alle azioni fondamentali intraprese per affrontarla anche nell’ambito della sua strategia di integrazione sociale. Questi punti continuano ad essere validi.

Gli Stati membri e la Commissione hanno anche riaffermato il proprio impegno ad affrontare il tema nella relazione congiunta 2009 sulla protezione sociale e sull’integrazione sociale, la quale sottolinea che «occorre stimolare gli sforzi degli Stati membri per attuare strategie globali contro la povertà e l’esclusione sociale dei bambini, inclusa un’assistenza all’infanzia di qualità accessibile ed abbordabile»(2). In particolare, il documento di supporto che accompagna la suddetta relazione congiunta sottolinea che «organizzazioni non governative e onorevoli membri dei paesi baltici, della Polonia, della Bulgaria e della Romania hanno evidenziato la situazione dei bambini che vengono lasciati senza tutela parentale dopo che i loro genitori si sono recati all’estero per questioni di lavoro»(3).

Riguardo al diritto dei lavoratori migranti agli assegni familiari per i figli che risiedono in un paese diverso, la Commissione comunica anche che le disposizioni comunitarie riguardanti il coordinamento dei regimi di sicurezza sociale stabiliscono che la famiglia deve, di norma, ricevere l’assegno più elevato tra quello previsto dalla legislazione del paese di residenza e quello previsto dalla legislazione del paese di occupazione. Disposizioni prioritarie stabiliscono che il diritto agli assegni familiari nello Stato di occupazione sia sospeso fino all’importo dell’assegno previsto dalla legislazione dello Stato di residenza dei bambini dove lavora l’altro genitore. Se l’assegno è inferiore nello Stato di residenza rispetto allo Stato di occupazione, la differenza tra i due importi è versata dall’ultimo Stato sottoforma di supplemento.

 

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(1) http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB/home.jsp
(2) http://ec.europa.eu/employment_social/spsi/docs/social_inclusion/2009/cons_pdf_cs_2009_07503_1_en.pdf.
(3) http://ec.europa.eu/employment_social/spsi/docs/social_inclusion/2009/supporting_document_en.pdf