PREZZI DEL PETROLIO E PREZZI DELLA BENZINA

Il prezzo del petrolio, all’inizio di novembre, scende sotto i 92 dollari, mentre la benzina verde nello stesso periodo arriva alla cifra record di 1,71 euro nel sud d’Italia. È l’effetto delle accise – dicono i petrolieri. È colpa del governo e dei petrolieri – dicono i consumatori. In realtà dal primo novembre in Italia ha cominciato a essere applicato l’ennesimo rincaro delle accise, pari a circa un euro, allo scopo di raccogliere i 65 milioni necessari a far fronte all’alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana. Secondo l’Unione petrolifera è sempre la tassazione dei carburanti ad aver prodotto il picco della verde a 1,7 euro al Sud. Secondo i dati pubblicati dal Ministero per lo Sviluppo economico, il cosiddetto “stacco Italia”, cioè il differenziale dei prezzi italiani rispetto a quelli europei è pari a 4,7 centesimi al 17 di ottobre.


 


La Commissione


 



  1. È in grado di confermare se, nonostante la diminuzione del prezzo al barile, l’aumento della benzina in Italia sia dovuto soltanto all’aumento delle accise?

  2. In caso affermativo, non considera, senza giungere alla definizione di una politica fiscale comune, l’opportunità di una armonizzazione delle accise a livello europeo e l’eventuale fissazione di un plafond da non superare a livello nazionale, a tutela degli interessi dei consumatori?

Non potrebbe questo essere un modo per eliminare gli “stacchi” tra i prezzi nazionali e quelli europei?



E-010501/2011


Risposta di Algirdas Šemeta


a nome della Commissione


(9.1.2012)


 


 


La Commissione conferma che l’Italia ha aumentato l’aliquota applicata alla benzina senza piombo da 564 EUR per 1 000 litri nel 2010 a 613,2 EUR nel 2011[1]. La Commissione non può tuttavia esprimersi in merito ai motivi che giustificano l’aumento complessivo del prezzo del carburante in Italia poiché le accise rappresentano solo una frazione del prezzo finale e le differenze possono derivare anche da disparità fra gli Stati membri relative ad altri elementi del prezzo.


 


Attualmente la direttiva 2003/96/CE[2] stabilisce un certo grado di armonizzazione delle accise applicabili ai prodotti energetici e all’elettricità, fra l’altro per mezzo di livelli minimi per le accise. Oltre tali livelli gli Stati membri hanno la facoltà di fissare i livelli di imposizione ritenuti più adeguati, tenuto conto di considerazioni di politica nazionale. Il 13 aprile 2011 la Commissione ha presentato una proposta volta a rivedere la direttiva[3] in questione, al fine di ristrutturare le modalità di tassazione dell’energia per allineare il settore agli obiettivi dell’UE relativi all’energia e ai cambiamenti climatici, garantendo nel contempo il corretto funzionamento del mercato interno per mezzo di un trattamento fiscale coerente delle fonti energetiche. La proposta mira a far convergere le aliquote minime vigenti delle accise basandole su criteri obiettivi, ossia le emissioni di CO2 e il contenuto di energia del prodotto energetico.


 


La Commissione non ha proposto di introdurre un massimale (tetto) per le accise sui carburanti, poiché sarebbe eccessivo rispetto a quanto attualmente necessario per il corretto funzionamento del mercato interno e quindi in contraddizione con il principio di proporzionalità.






[1]          http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/excise_duties/energy_products/rates/excise_duties-part_ii_energy_products_en.pdf



[2]     GU L 283 del 31.10.2003.



[3]     COM(2011) 169.